Gli errori più comuni dei piccoli ecommerce secondo 10 esperti

Far crescere una piccola attività online non è semplice: nell'expert roundup di oggi parliamo con 10 specialisti degli aspetti più trascurati degli ecommerce.

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Tabella dei contenuti

Chi gestisce una piccola attività online lo sa bene: mandare avanti un ecommerce significa combinare tante competenze diverse tra loro per fare in modo che tutto fili liscio. Non basta avere un’idea geniale, né un ottimo prodotto: vendere online significa conoscere le dinamiche del marketing, saper comunicare con i clienti e con il proprio team, tenere sotto controllo conti e scorte di magazzino, e affrontare ostacoli tecnici in modo rapido per evitare danni.

Vendere prodotti online non è mai stato così facile e il commercio elettronico offre enormi opportunità, sia per gli imprenditori in erba che per quelli più navigati. Un numero sempre maggiore di consumatori ormai acquista online e la comodità dello shopping online si è fatta ancora più evidente dopo due anni di pandemia.

Nonostante le basse barriere d’ingresso al settore, rimane fondamentale continuare ad aggiornare le proprie conoscenze e ottimizzare i processi. Anche quando non si è direttamente responsabili di ogni aspetto della propria attività, è importante avere una visione completa per poter delegare e supervisionare tutte le operazioni.

Tenere tutto sotto controllo non è semplice e per questo abbiamo cercato di farci aiutare da un gruppo di esperti ed esperte, chiedendo loro:

Quali sono gli errori più comuni che vedi nei piccoli ecommerce?

Qui sotto trovi le loro risposte, buona lettura!

Omar Bragantini

Growth Manager @ Marketers / omarbragantini.com

Omar Bragantini

L’elenco di errori può essere estremamente lungo e mettendomi a scrivere la risposta a questa domanda, ad ogni capoverso mi veniva in mente un ulteriore errore da poter aggiungere.

Questo perchè ovviamente noi siamo dei professionisti tecnici e strategici con una visione molto focalizzata su questo mercato.

Ma se ci mettessimo il cappello dell’imprenditore del piccolo ecommerce avremmo sicuramente una visione totalmente differente.

Ed è forse questo l’errore principale che poi va a generare tutti i successivi.

Pensare che fare ecommerce sia un gioco semi gratuito e non un business che richiede investimenti.

La maggior parte dei gestori dei piccoli ecommerce sono spesso o imprenditori di un’attività locale che va piuttosto bene e hanno pensato di diversificare, o imprenditori con altri business che hanno scovato la formula per generare i soldi in maniera passiva, o sognatori, o marketer esperti che vogliono testare qualcosa di differente.

Ecco, fare ecommerce viene visto come il gioco divertente dove puoi solo guadagnare.

E questo viene promosso da un lato da delle false barriere d’ingresso che ti dicono “parti con zero e fai gli M” dall’altro dalla comunicazione online dei soli casi di successo di ecommerce che hanno scalato le classifiche di fatturato, dimenticando però il ben noto bias del sopravvissuto.

Questo problema va a creare un alone di facilità su tutto ciò che riguarda la tematica del vendere online.

E da qui ne conseguono i successivi errori.

Dare per scontato che se funziona offline funziona anche online.

Dare per scontato che se ha funzionato in lockdown funziona anche ora.

Non è così.

Vengo contattato quotidianamente da imprenditori che hanno il negozietto di paese e vogliono investire nell’ecommerce.

O da attività che premiate nel periodo di lockdown per la natura stessa del prodotto che offrivano pensano ora di replicare lo stesso successo, in un contesto sociale ed economico totalmente differente.

Non è così che funziona.

Anche perchè questo problema fa sorgere un ulteriore errore.

Delegare ogni cosa → fai tutto tu e io mi godo le rendite passive

(L’ecommerce è l’imprenditore)

Questi contatti spesso vorrebbero delegare ogni attività del loro ecommerce non capendo che l’ecommerce è l’imprenditore.

Non è possibile delegare un’attività in partenza (perchè di questo parliamo) ad un team a 360°. Questo è lo stesso ragionamento di chi avvia un’attività offline da zero senza pensare di doverci investire tempo, soldi e impegno.

Non puoi pensare di:

  • Spendere 10k/mese in radio adv ma 1k/mese in social adv sono troppi
  • Non fare i conti con i margini, i costi e guardare solo il fatturato (tanto online cosa tutto meno)
  • Non studiare la customer journey dei clienti (basta un’ad e acquistano)
  • Pensare che il tuo prodotto è unico e si venderà da solo

E quindi alla fine:

Non capire che il business per essere redditizio ha bisogno di costanza, impegno e tempo.

Massimo Fattoretto

CEO @ Fattoretto Agency

Massimo Fattoretto

Ecco le lacune che spesso troviamo lato SEO (quindi limiti di visibilità in Google) negli ecommerce:

  • Mancanza di ottimizzazione SEO base (page title, titoli scritti correttamente)
  • Mancanza di pianificazione di gestione delle stagionalità
  • Mancanza di attività di SEO offsite
  • Mancanza di strategie di internal linking
  • Robots.txt e sitemap non ottimizzati
  • Contenuti non ottimizzati per i motori di ricerca (le regole base)
  • Mancanza di scelta su quali filtri aprire o nascondere a Google
  • Aspetti legati al formato dell’immagine e alla risoluzione che ovviamente aumenta il tempo di caricamento delle pagine
  • Non gestione dei prodotti terminati, cancellati o spostati in altra categoria

Si potrebbe fare anche una lezione di 3-4 h 🙂

Direi che in linea di massima gli aspetti citati sono quelli che ritroviamo più spesso quando andiamo ad analizzare con l’audit SEO gli ecommerce.

Quello che vediamo è che manca anche un metodo interno dello store manager per la pianificazione lato brand e lato piattaforma di gestione delle stagionalità, che per un ecommerce sono fondamentali, a parte il fatto delle quattro stagioni, si pensi ad esempio alla gestione del Natale, del Black Friday o dei saldi di Gennaio, o anche a feste ricorrenti come Halloween o il back to school.

Anche solo pianificando al meglio tutti i canali per queste feste, si avrebbe un ritorno economico e di visibilità non di poco conto.

Dario Tana

Fondatore @ DT E-Commerce Consulting

Dario Tana

Bellissima domanda che richiede un piccolo ragionamento prima della risposta. I piccoli e-commerce sono di due tipi:

  • E-commerce senza tante pretese buttato su in 4 click
  • E-commerce piccoli perché sono di nicchia

Io risponderò per il secondo tipo di progetto perché, su questo tipo di progetti, ho una certa esperienza.
Gli errori sono spesso di approccio. Gli imprenditori pensano di dover confrontare il proprio progetto con quello di grandi brand sul mercato cercando spessissimo di “copiarne” i meccanismi.

Questo errore deve essere estirpato immediatamente perché, se si insidia nella mente dell’imprenditore il tarlo di dover avere un progetto uguale al leader del mercato, si muore in partenza. Il leader avrà dati e budget che il piccolo imprenditore di nicchia non può neanche immaginare.

I piccoli progetti, al contrario, devono puntare proprio sul differenziarsi dai leader. I piccoli progetti devono puntare su quelle coccole che, solo chi tratta con un mercato di nicchia, può applicare.

Puntare sullo storytelling?
Puntare sulla velocità nel prendere le decisioni?
Puntare sulla cura della spedizione?
Puntare sul post vendita più diretto e umano?

Queste sono ottime idee, volete un piccolo esempio?

Una cliente aveva un progetto di vendita di mobili in tutto simile a 1000 altri su web. Dato che non produceva risultati abbiamo pensato a circoscrivere il range di prodotti ad una selezione di prodotti di nicchia. Siamo passati da un sito grande ad un sito piccolo insomma!

Oggi non vende mobili per tutti facendo una gara contro colossi inarrivabili, ma è leader nella vendita di mobili Montessoriani. L’errore più grande dei piccoli e-commerce è far finta di essere grandi… quando spesso, essere piccolo e di nicchia è sicuramente meglio!

Giovanni Cappellotto

Consulente @ M101

Giovanni Cappellotto

Ho una mia personalissima lista che aggiorno di continuo e non rivelo ad alcuno. Si chiama ecommerce da studiare, è raccolta su un diario giornaliero.

Nella lista ci sono due tag: interessante e arrivederci tra un anno. Il secondo tag rimanda ad una data di verifica. In genere dopo un anno, se non trovo più l’ecommerce, quello che rimane ha ormai l’aria dell’abbandono.

Spesso gli indicatori sono fin troppo evidenti. Mancano i dati del venditore, la privacy policy è approssimativa, le condizioni generali di vendita pericolose per il venditore, il marchio è fintamente registrato.

E mentre vedi che proprio non c’è traffico, ti accorgi di recensioni improbabili, avvisi di vendita immediata che esplodono come fuochi di artificio.

Vendere è difficile.

  1. Non hai nessun diritto a vendere.
  2. Non c’è alcuna barriera all’ingresso, tutti possono vendere.
  3. I costi variabili crescono sempre.
  4. I clienti sono infedeli.

Vendere è pericoloso.

Se la tua attività di vendita non funziona perdi tempo e capitali, due cose difficili da recuperare. 

Davvero hai bisogno di un ecommerce per vendere online?

Durante la pandemia i negozi di alimentari che lavoravano con una lista WhatsApp hanno battuto la GDO che è implosa sulla gestione logistica.

A volte basta poco per raggiungere i clienti che hai vicino e se organizzi una vendita digitale tramite strumenti di social commerce, ottieni maggiori risultati.

Rileggi 1000 True Fans

Leggo e rileggo questo testo, perché, anche se riferito al mondo della musica, si adatta benissimo alle attività online: 1000 persone che ti fanno guadagnare 100 euro ciascuna. Sembra facile, ma richiede impegno.

Non c’è la ricetta del prodotto vincente

In molti anni ho visto ecommerce con prodotti considerati vincenti,  spiaggiarsi  dopo poco, soprattutto nelle categorie commerciali più diffuse o ambite. Ed ho visto ecommerce con prodotti che nessuno immagina, vendere molto con margini interessanti.

Due esempi

C’è chi parte con l’idea di mettere ordine nel mondo come lo immagina. È il caso di chi pensa a ecommerce di moda e non si tratta solo di abbigliamento. È solo un esempio fra molti, potrebbe essere anche altro.

Qui la tua visione deve essere supportata da molti capitali e da molto tempo. Sono il carburante e l’energia del tuo progetto.

Nel secondo caso si inizia con la convinzione di offrire un prodotto come un servizio. È il caso di ecommerce che lavorano su ricambi e utilità e che diventano una marca, non perché si registrano come brand, ma perché crescono come luoghi insostituibili per trovare risposte a molte domande.

Molto del futuro di una attività di vendita online si gioca nel momento in cui la si progetta.

La fase iniziale ha bisogno di tempo e di validazione e la fretta è un problema serio. È vero che un progetto che nasce difficile all’inizio, si può correggere in seguito, ma impegna tempo e denaro.

Ed è anche vero che un buon progetto, anche se collocato in un sito scarso, richiede meno energia e dispendio di denaro per essere raddrizzato e funziona meglio.

Alessandra Locarini

Digital Manager @ Lyreco Italia Srl

Alessandra Locarini

Gli errori sono alla base di ogni crescita, ma quando si parla di business spesso è meglio non commetterne troppi e questo vale anche per gli e-commerce.

Per la mia esperienza quelli che seguono sono i principali punti critici e sui cui puntare la propria attenzione nella realizzazione di un nuovo e-commerce. 

Target di riferimento non chiaro

Uno degli errori più comuni e frequenti nella creazione di un e-commerce è non studiare il proprio target di riferimento.

Identificare i tratti distintivi dei clienti ideali tramite lo studio delle buyer personas, analizzandone bisogni ed esigenze; capire come indirizzano i loro acquisti, come ragionano e di conseguenza come condurli nel proprio negozio sono elementi fondamentali per la definizione del design e della struttura di un ecommerce.

Mancanza di pianificazione 

Aprire un ecommerce non basta, per fare in  modo che questo diventi visibile prima e redditizio poi, serve un chiaro business plan che tenga conto di costi e eventuali necessità di sviluppo nel medio/lungo termine per: promozione, ottimizzazioni e servizi di base necessari per fornire al cliente il servizio migliore.

Errata struttura delle informazioni

La categorizzazione dei prodotti, i loro attributi e gli eventuali filtri devono essere studiati prima dell’avvio della progettazione dell’ecommerce.

Chiarezza e corretta struttura delle informazioni impattano non solo sulla navigazione, che deve essere sempre fluida e semplice, ma anche sulle attività che verranno implementate una volta che l’ecommerce sarà on-line, come posizionamento SEO e campagne PPC su Motori di ricerca e Social Media. 

Errori SEO

  • Prepara una pagina 404 con le giuste informazioni e usala solamente quando è davvero necessario
  • Gestisci in modo corretto le pagine prodotto per evitare di avere contenuti duplicati
  • Verifica che la navigazione sia lineare e che i link siano raggiungibili e funzionanti
  • Se un ecommerce è multilingua la corretta gestione delle lingue è fondamentale.
  • Uso corretto dei 301 

Navigazione Complessa

Rendere la navigazione semplice, sia da mobile che da desktop, aiuta i clienti a trovare ciò che cercano in pochi clic. 

Una navigazione complessa e articolata può confondere l’utente e farlo desistere dal procedere anche solo con l’aggiunta al carrello. 

Poca cura dei particolari

Spesso capita di prestare molta cura ad alcuni elementi grafici ma di non fare lo stesso per i contenuti testuali. 

Le schede prodotto dovrebbero essere curate e dotate di tutte le informazioni necessarie; da evitare quindi descrizioni troppo brevi e prive di tutte le informazioni necessarie a descrivere il prodotto e i “copia e incolla” delle stesse da altri siti, questo potrebbe dare anche problemi legati al posizionamento.

Carrello e check out poco chiari

Processi d’acquisto troppo complessi o che richiedono troppe informazioni per non sono mai una buona buona soluzione, nel momento dell’aggiunta al carrello l’utente deve rimanere concentrato sul processo d’acquisto e essere incentivati a portarlo a chiuderlo, quindi le best practice da seguire dovrebbero essere:

  • richiedere il minimo delle informazioni utili per processare l’ordine (ulteriori informazioni possono essere raccolte in seguito)
  • informazioni su tempi di consegna, prezzi, sconti, tasse  e eventuali promozioni chiare e lineari

Maria Luisa D’Urso

Consulente ecommerce management e formatrice @ Ecommerce Ideas

Maria Luisa D'Urso

Gli errori più comuni dei piccoli ecommerce ruotano fondamentalmente intorno allo stesso concetto, cioè l’incapacità di avere una visione strategica.

Il fattore n.1 a cui faccio riferimento è legato alla mancanza di strategia di branding e di brand positioning, che nel lungo periodo è la vera e unica chiave di successo. Si vende grazie alla propria proposta unica, l’USP (unique selling proposition).

Bisogna sapersi distinguere, farsi riconoscere per farsi cercare e vendere con ridotti investimenti in ADS. Puntare tutto sul prodotto o sulla capacità di saper costruire comunità, o ancora sulla scarsa “momentanea” competitività è un fattore di rischio nel lungo periodo.

Fattore n.2 di insuccesso e di errore è dimenticare completamente di redigere un business plan prevedendo costi e investimenti PRE GO LIVE, POST GOLIVE e DURANTE L’ESERCIZIO contestualmente con previsioni di entrate sulla base di scelte di media buying strategiche e operative sulla base di obiettivi SMART (misurabili, concreti e realistici).

Solitamente le aziende strutturate prevedono sempre che venga costruito un Forecast, una guida all’investimento su base anno e anno/anno che aiuta i marketing manager a saperi muovere in un contesto complesso in termini di capacità di investimento e di visione sul risultato (ROI &ROAS).

Purtroppo i piccoli ecommerce, ritenendo inadeguati questi strumenti, rinunciano a monitorare le spese e le entrate, lavorando quasi esclusivamente a braccio o sulla base di dati, situazioni, pregresse.

Grave errore perché questo modo di lavorare privo di dati e di fondamenta oggettive fatte di numeri e risultati può solo portare a prendere decisioni errate sulla base di opinioni e o considerazioni generaliste e poco adatte al caso specifico.

Mai fidarsi della propria opinione: i dati, i numeri, vincono sempre.

Francesco Chiappini

CEO @ Ecommerce School

Francesco Chiappini

Se parliamo di errori comuni che commettono i piccoli ecommerce questi i principali (anche se la lista è lunga)

Fatturato/Margine

Uno dei problemi principali è trovare sostenibilità e produrre profitto, non fatturato.
E per farlo devi avere margine sulle vendite (markup).

È importante trovare il giusto bilanciamento tra quelli che sono i costi, sia aziendali che di prodotto, e il prezzo di quello che si vende: la differenza tra questi due è il margine o Gross Margin, che è ciò che poi permette a fine anno di tirar fuori dei soldi dal business.

Gestione approssimativa della cassa

Nell’ecommerce succede spesso una cosa: quando si inizia a crescere ci si ritrova velocemente con centinaia di migliaia di euro in banca e l’errore, grosso, è iniziare a spenderli, senza avere la certezza di poterlo fare.

Questo è un motivo per il quale implodono tantissimi ecommerce, circa 8 su 10 chiudono nei primi tre anni per mala gestione imprenditoriale (o per errato posizionamento)

Quello che serve è un controllo di gestione.

Non automatizzare per poter scalare

Nel momento in cui si cresce e si vuole scalare si deve per forza automatizzare tutte le operations. Se non si automatizza si fa un grande errore: si devono assumere nuove risorse per lavori che può fare invece un software o uno script.

Non misurare correttamente gli investimenti di marketing

Oggi dal customer journey, ossia il percorso che fa l’utente prima di arrivare a un acquisto, è sempre più difficile capire quali siano i canali che sono intervenuti positivamente all’interno del percorso d’acquisto. Serve una lettura overall.

Non ci si deve quindi fermare a Google Analytics! Soprattutto con le ultime news dal garante della Privacy.

Gestione degli acquisti

Anche gli acquisti sono un aspetto molto importante perché nel momento in cui tu compri merce, metti dei soldi a terra e la legge di Pareto, che si applica a tutti i business e posso assicurare che così, dice che l’80% del fatturato lo si fa con il 20% del catalogo.

Se si ha un magazzino è ovvio che nel momento in cui si deve mettere della merce a terra si deve sapere quale si vende, quale no e avere un controllo delle rotazioni, dei forecast, di tutto il catalogo per gestire anche i riacquisti dei prodotti.

Non formarsi

La formazione è fondamentale su tutti gli aspetti di management ma anche su tutte le verticalizzazioni.

Anche se un dato lavoro non lo si fa direttamente e lo si è delegato all’esterno senza la conoscenza non si può guidarlo, controllarlo e comprendere se effettivamente sta venendo fatto bene o meno.

Non fidelizzare i clienti

I clienti fidelizzati convertono di più, spendono più degli altri e producono passaparola. Non hai costi di advertising sui tuoi già clienti, li hai già acquisiti e fidelizzati e possono produrre dei fatturati veramente molto importanti.

Fondamentale per questo preparare una strategia che faccia crescere il brand e porti gli utenti ad andare su Google e cercare il tuo ecommerce e non i prodotti che vendi.

Thomas Cuneo

Ecommerce Manager @ Linkinet LDT

Thomas Cuneo

L’errore che vede commettere più spesso è “non pensare all’esperienza utente”.

Il 94% dei principali ecommerce europei presenta 5 o più errori nel checkout (fonte: Stripe).

Gli errori più comuni del checkout sono:

  • Formattazione errata nei campi dei form.
  • Non supporta il completamento automatico dell’indirizzo.
  • Non consente agli utenti di salvare le informazioni di pagamento per il futuro.
  • Non consente di utilizzare l’indirizzo di spedizione come indirizzo di fatturazione (addirittura a questi punti?)

Questa ricerca mette in evidenza la scarsa consapevolezza degli ecommerce su cosa significa una buona esperienza d’acquisto.

Un percorso d’acquisto ottimizzato porta un effetto a cascata:

  • Conversion rate più alto.
  • Più acquisti.
  • Più clienti di ritorno.
  • Più crescita a medio/lungo termine.

(questo ovviamente se c’è una struttura aziendale e un prodotto solidi)

Senza contare che un percorso d’acquisto fluido migliora anche la percezione del brand stesso.

Tre consigli per chi ha un ecommerce:

  • Studia le best practice di ottimizzazione su Baymard Research e Nielsen Norman Group.
  • Parla con i tuoi clienti. Guardali mentre usano il tuo ecommerce, fai dei test di usabilità, crea dei questionari… I dati che raccoglierai saranno la benzina per la tua crescita.
  • Crea dei momenti indimenticabili nel percorso d’acquisto. Non limitarti a fare il “compitino” ma crea delle esperienze dietro ai tuoi prodotti.

Floriana Capone

CEO @ Ecommerce Legale

Floriana Capone

La Normativa sul commercio elettronico, sia a livello europeo che nazionale, è guidata in particolare dai principi di correttezza, trasparenza e tutela nei confronti del consumatore. Questo significa che i merchant hanno l’obbligo di fornire informazioni chiare su ogni aspetto della compravendita  – prezzi, attività promozionali, prodotti – e sui diritti riconosciuti al consumatore (recesso e garanzia sono quelli principali). 

Purtroppo, però, footer incompleti, omissioni sui diritti dei consumatori, informazioni errate sulla scheda prodotto sono all’ordine del giorno, andando a compromettere la user experience e, di conseguenza, le conversioni. Come se non bastasse, il mancato rispetto della Normativa e-commerce espone il sito a segnalazioni e controlli da parte dell’Autorità Garante, che può comminare pesanti sanzioni.

Molti siti presentano un footer incompleto, in cui vengono omessi i recapiti del venditore oppure le informazioni sulla società.

La Normativa e-commerce, tuttavia, prevede che al cliente vengano fornite informazioni obbligatorie sul venditore, relative alla sua identità, ai contatti e alla società. L’accesso a questi dati deve essere semplice e immediato, e il footer del sito è la sezione del sito più adatta a questo scopo, perché compare sotto ogni pagina.

Le comunicazioni commerciali, così come le newsletter e le pubblicità devono essere perfettamente riconoscibili e contenere dati sulla provenienza e sull’entità della comunicazione

Diverse aziende tendono a utilizzare check box del consenso all’invio delle newsletter non chiare e specifiche, oppure a tralasciare il link per l’opt-out, ossia non inseriscono il link che permette all’utente di disiscriversi dalla newsletter, non rispettando gli obblighi previsti dal GDPR.  

Alcuni siti di vendita online impongono all’utente di creare un account e registrarsi prima di effettuare un acquisto. Tuttavia, la registrazione è una violazione della normativa privacy e  non deve essere obbligatoria, perché di fatti comporta un trattamento dati, mediante conservazione, che non è necessario all’acquisto online, .

Obbligare l’utente alla registrazione, per di più, può essere controproducente, poiché influisce negativamente sulla user experience e complica il processo d’acquisto. Per cui è sempre meglio prevedere la possibilità di acquistare con accesso come ospite, senza rendere obbligatoria l’iscrizione.

Il Codice del Consumo prevede che, nei Termini e Condizioni generali di vendita vengano fornite le informazioni sui diritti dei consumatori, con particolare attenzione al diritto di recesso e alla garanzia legale.

Molti merchant omettono di comunicare con completezza l’esistenza del diritto di recesso, senza sapere che, così facendo, il periodo di recesso si allunga di un anno.

Lo stesso dicasi per la garanzia di conformità.

Secondo l’articolo 1341 del Codice Civile, le Condizioni generali di vendita sono efficaci nei confronti del cliente se questo le ha potute conoscere prima della trasmissione dell’ordine. 

Pertanto, la conoscibilità dei Termini e Condizioni è sufficiente per la efficacia del contratto e non è necessario predisporre una casella di accettazione, che va prevista solo per le clausole cosiddette “vessatorie”.

Le schede prodotto contengono informazioni necessarie alla conclusione del contratto di vendita e il prodotto consegnato deve essere conforme alla descrizione fatta, tuttavia, sono una delle sezioni in cui si riscontra il maggior numero di errori nell’ecommerce.

Andrea Cannizzaro

CEO @ DMCOMMERCE

andrea cannizzaro

Un errore molto comune che riscontro nelle aziende che desiderano iniziare a vendere online è di identificare l’ecommerce con la sola piattaforma software, con il sito.
L’ecommerce è un progetto di vendita che ha necessità di un piano ben preciso, una Strategia.

Esistono diversi aspetti che devono essere pianificati prima di iniziare a vendere online, proviamo a semplificarli in un breve elenco:

Analisi e studio di fattibilità

Momento che precede qualsiasi azione operativa, è la fase in cui si analizza il mercato, i competitor, i propri prodotti/servizi, il team che si può mettere in campo e le risorse economiche (descritte in un business plan a 36 mesi).

Processi: prima ancora di affrontare le parti tecniche del progetto è mio consiglio disegnare quanti più processi possibili. Non vanno disegnati solo i processi “più evidenti” come l’acquisto, il reso, la consegna… vanno bensì presi in considerazione anche aspetti quali ad esempio il customer care, ponendosi domande come “da dove arriveranno le richieste di assistenza?”, “che tipologia di argomenti chiederanno i clienti?”, “quali strumenti abbiamo per rispondere a tali richieste?”… Anticipare le obiezioni, dopo tutto, fa parte di qualsiasi progetto di vendita.

Marketing

Questo è il cuore di un progetto di vendita. L’area Marketing deve affrontare argomenti fondamentali come i canali di acquisizione del traffico, le modalità di conversione in Lead, in Clienti, in fedelissimi… Deve supportare la crescita di una community e tenerla ingaggiata. In DMCommerce diamo grande importanza ad esempio al tema della Marketing Automation, perché è l’unica azione che, se pensata bene a livello strategico, può dare davvero evidenze in termini di conversione.

Tecnologia

La scelta della piattaforma, anche se non è il primo punto a cui pensare, è certamente un punto chiave. La piattaforma su cui costruire lo store è fondamentale perché deve essere pensata per reggere il carico previsto, deve avere una UX (User Experience) pensata per evitare attriti ma deve anche essere gradevole alla vista, con un design funzionale e coordinata con l’immagine del brand.

L’aspetto tecnologico però non si ferma qui, è necessario pensare anche ad un’assistenza dopo la messa online, che sia veloce, affidabile, competente. Alla fine un eCommerce è un negozio aperto H24, un dettaglio da non dimenticare mai!

Magazzino e logistica

Cosa succede quando arriva un ordine dal sito? Di solito si muove una macchina complessa fatta di procedure, comunicazioni, persone e fornitori. È un meccanismo che può essere affidato in outsourcing a strutture competenti oppure bisogna progettarlo sin nei minimi particolari. Non si tratta solo della scelta del corriere ma dell’intero processo detto di fulfillment.

Esiste poi un aspetto fondamentale, quello della misurazione. Se non puoi misurarlo non puoi migliorarlo, diceva qualcuno e, aggiungo io, se non puoi migliorarlo non sei tu a guidare la strategia ma sarai sempre in balìa degli eventi.

Il consiglio qui è di non consultare centinaia di indicatori, ma di individuare quelli utili al tuo business e, soprattutto, di misurare solo quello che davvero vuoi (o puoi) migliorare.

In conclusione: come migliorare il tuo ecommerce?

Da questo expert roundup abbiamo capito una cosa: quando si parla di ecommerce non si smette mai di imparare. In un settore così vasto e complesso esistono una varietà di approcci e soluzioni creative per superare eventuali ostacoli e migliorare. Ecco tre lezioni che siamo certi sia utile portare a casa:

  • La nicchia è ancora importante: capire chi è il proprio pubblico di riferimento e trovare il prodotto adatto a un gruppo specifico di persone, anche se questo non è grandissimo, può fare la differenza e portare risultati migliori di un tentativo di inserirsi in un mercato già competitivo.
  • Saper comunicare è essenziale: strutturare le informazioni in modo corretto sul proprio sito, conoscere la SEO per rendere più semplice ai clienti la ricerca dei nostri prodotti e fare in modo che il valore di ciò che si vende sia chiaro dal primo istante è la base di una strategia di marketing che funziona.
  • Delegare troppo in fretta: un consiglio che si sente spesso dare nel mondo degli ecommerce è quello di delegare ad altri alcune attività per poter scalare più in fretta. Questa è un’ottima idea per quanto riguarda gli aspetti tecnici, ma può essere controproducente se applicato alle decisioni strategiche. Un imprenditore o un’imprenditrice devono continuare a formarsi e mantenere una visione d’insieme per guidare il team nel modo migliore.

Un grande ringraziamento a tutti gli esperti che ci hanno regalato il proprio tempo per partecipare a questo expert roundup💣

Hai altri consigli per piccoli ecommerce?

Daniele Besana

Fondatore di WP-OK e imprenditore digitale. Racconto il mio viaggio imprenditoriale nel podcast Diario Di Due Imprenditori Digitali.

2 risposte

  1. Ciao Daniele,
    ho letto tutti i consigli dati dagli esperti in cui mi sono pienamente ritrovato, e con piacere, perché ho avuto modo di avere le conferme sulle nostre scelte e anche sui nostri dubbi, da inesperti del settore (premetto però che gestendo personalmente tutte le scelte che non ho demandato a nessuno, mi documento)

    Mi sono ritrovato con tutti i suggerimenti, che mi hanno confermato la nostra/mia giusta impostazione, come anche ho avuto conferma su alcune piccole impostazioni che andrebbero implementate e che ci espongono a dei rischi!…..ma In particolare mi sono ritrovato e mi voglio soffermare su ciò che suggeriva FRANCESCO CHIAPPINI, e cioè , “la legge di Pareto” che dice : l’80% del fatturato lo si fa con il 20% del catalogo !……. ne siamo/sono la prova vivente .

    La mia DOMANDA però è questa…. Come ribaltare questa teoria e cioè aumentare la percentuale del CATALOGO?

    Ad esempio, nel nostro piccolo si stanno muovendo Bene sul sito (anche se è una parola grossa questa avendo iniziato a fare vendite nel 2022) delle Sneakers marchio Atala Sport azienda artigianale Italiana con un suo sito dove non pratica sconti, che stanno garantendo il 78% del fatturato ed è questo un prodotto dove noi avevamo investito marginalmente come magazzino , invece ad esempio uno degli articoli su cui puntavamo e su cui abbiamo un’ampia scelta da magazzino sono le borse LOVE MOSCHINO che pero ad oggi non siamo ancora riusciti a vendere.

    Ho analizzato questi due fenomeni mettendoli a confronto e mi sono dato una risposta su cui vorrei un’opinione:

    -AtalaSport è un’azienda artigianale come ti dicevo in precedenza e quindi di nicchia che non pratica particolari sconti sul proprio sito e noi che spesso la proponiamo con uno sconto 10-20% riusciamo a movimentarla anche perché essendo di nicchia ha un suo pubblico .

    -LoveMoschino è un’azienda leader come Brand molto commercializzata anche on-line a prezzi spesso anche molto aggressivi in particolare sui Marketplace (dove noi per scelta al momento non vendiamo anche se ne avremmo la possibilità) dove spesso fanno passare per nuovi modelli anche di vecchie borse, in più anche il brand è molto aggressivo sul proprio sito con scontistiche che iniziano subito con l’avvento dei saldi, anche perché loro fanno quattro collezioni ogni anno; due uscite estive e due uscite invernali e noi anche quando pratichiamo sconti importanti non riusciamo a fare una vendita!.

    Dove sbagliamo? che altro potremmo fare?

    il nostro sito http://www.shopglamouboutique.it

  2. Ciao Cesira!
    Bellissima domanda 🙂
    Ti consiglierei di contattare direttamente Francesco o gli altri esperti, perché difficilmente leggeranno il tuo messaggio qui nei commenti.

    Un saluto

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