Quali sono gli errori più comuni con Facebook Ads? La risposta di 9 esperti

Nell'expert roundup di oggi analizziamo come migliorare la pubblicità di Facebook per crescere in modo sostenibile.

Gli errori più comuni su Facebook Ads

Tabella dei contenuti

Era il novembre del 2007 quando Mark Zuckerberg lanciò Facebook Ads, la piattaforma per mostrare annunci pubblicitari agli utenti del social media più famoso del mondo. Due mesi dopo, nel gennaio 2008, aprii il mio account Facebook ignaro del fatto che la mia vita sociale sarebbe per sempre cambiata.

Da utente mi sento di dire che quando arriva il marketing, spesso rovina tutto. Ma è indubbio che Facebook Ads ha avuto fin da subito un potenziale pazzesco.

Rispetto a Google Ads – che permette di raggiungere chi fa una ricerca specifica – Facebook Ads ha permesso fin da subito di raggiungere il target più adatto al nostro prodotto/servizio in base a demografica e interessi. Un po’ come la pubblicità in TV, ma personalizzata per chi la sta guardando in quel preciso momento.

Nel tempo Facebook Ads, come tutto il marketing online, ha continuato a diventare più potente e complesso e da luogo di svago e divertimento le pagine di Facebook si sono trasformate sempre di più in uno spazio di promozione per aziende e professionisti.

Eppure parlando con diversi clienti e imprenditori digitali ho sempre avuto opinioni miste sui risultati che possono portare i Facebook Ads: chi parla di risultati incredibili, e chi di cocenti delusioni. E anche dalla mia (limitata) esperienza ho capito che è facilissimo sbagliare quando si studia e imposta una campagna.

Quindi mi sono chiesto:

Quali sono gli errori più comuni con Facebook Ads?

Purtroppo nei business digitali c’è ancora una certa, sbagliatissima, tendenza a sottovalutare l’importanza dei dettagli, per esempio nella gestione quotidiana di un sito internet.

Nel nostro lavoro con WordPress abbiamo spesso a che fare con pagine web piene di problemi causati da una manutenzione sbagliata o del tutto assente. Un fattore fondamentale per il successo di un’attività, che non può essere trascurato. Se non hai tempo da dedicarci, è meglio valutare la collaborazione di un esperto, magari con un pacchetto in abbonamento come quelli che offriamo noi di WP-OK.

Lo stesso tipo di mancanza di attenzione lo noto per le strategie di comunicazione e marketing digitale. Per ottenere dei risultati dall’advertising non basta improvvisare: bisogna pianificare e studiare. So bene che non sempre ci sono le risorse per farsi aiutare da un professionista del digitale, ma possiamo imparare dall’esempio degli altri.

Questa è la domanda che ho fatto a 9 esperti di Facebook Advertising, che grazie alla loro esperienza ci aiutano a capire quali sono i problemi più diffusi e come evitarli. Lascio la parola a loro, qui sotto trovi le risposte di alcuni dei più grandi esperti di Facebook Advertising in Italia (e non solo!).

Francesco Agostinis

Facebook Ads specialist @ Loop Srlfrancesco@loopsrl.agency

Francesco Agostinis

Ottima domanda, dal mio punto di vista.

Parto però da una considerazione iniziale.

Quando si parla di Facebook ads, dobbiamo ricordarci una cosa: non esiste MAI una verità assoluta.

Purtroppo, nonostante le ore di studio e di testing, nessuno può avere la certezza matematica delle efficacia delle azioni che andrà a mettere in atto.

Io chiamo tutto questo “principio della soluzione potenzialmente migliore” e si basa sul concetto che qualsiasi campagna punta ad un target, più o meno definito, di persone.

Tuttavia queste persone, sebbene raggruppate, sono diverse tra loro e quindi l’insieme scelto, a livello statistico, avere una grande varianza al suo interno e questo ci porta potenzialmente a commettere errori di valutazione.

Come evitare questi errori?

Io ho individuato 3 criteri:

  1. Leggere i dati correttamente
  2. Avere pazienza
  3. Usare la testa

I dati sono la foto, la pazienza (e quindi di conseguenza il tempo) servono a validare le nostre idee e la testa serve per migliorare ogni giorno.

Fatta questa premessa, ecco alcuni degli errori più comuni che vedo fare con Facebook Ads:

  1. Avere fretta di prendere decisioni
  2. Leggere i dati sbagliati
  3. Applicare schemi presi da altri senza ragionare
  4. Pensare più a noi stessi che agli utenti
  5. Non studiare la customer Journey in modo appropriato
  6. Non tracciare correttamente ciò che avviene dentro e fuori Facebook
  7. Fare “pessime” creatività

Avere fretta di prendere decisioni

Avere fretta non aiuta. Facebook riesce ad ottimizzare la delivery delle nostre inserzioni solo se raggiungiamo i 50 eventi di conversione (o interazione, traffico etc) in 7 giorni, meglio ancora se avvengono in 48h).

È quindi importante attendere che Facebook completi, se possibile, la sua fase di apprendimento (che dura esattamente fino ai 50 eventi, per una prima fase, per poi continuare man mano un’opera di affinamento della delivery in base ai dati raccolti) prima di prendere decisioni.

Inoltre, per molte attività, è necessario mostrare molte volte un’annuncio prima che questo venga ricordato, come succede ad esempio in televisione. La frequenza, unita al tempo che passa tra una impression e un’altra, aiuta a fissare i concetti nella testa delle persone e quindi avere fretta fa solo perdere risultati.

Leggere i dati sbagliati

Se continuiamo a guardare ai costi, stiamo sbagliando approccio. Per questo guardare come parametro primario il CPC o il CPM è scorretto, in quanto dipendono da fattori solo in parte controllabili da noi.

Esempio:

Il CPM dipende dai competitors, nel senso che trattandosi di asta tra advertiser, più enti partecipano e più questi mediamente offrono, più i costi possono lievitare. Il CPC poi dipende anche dalla pertinenza, che si basa sul CTR (click through rate), cioè come le persone interagiscono con le nostre creatività.
Vale quindi la pena di lavorare su un’analisi approfondita di ciò che le varie KPI significano, prima di prendere decisioni.

Applicare schemi presi da altri senza ragionare

Copiare non è male di per sè, ma è male se non si pensa a cosa si sta copiando.
Ecco, prendere la strategia dell’esperto di turno e copiarla e incollarla, 99 volte su 100 non funziona.

Dovete attualizzarla alle vostre necessità. Sembra banale, ma non è così. Le strategie che potete trovare, sono fondamentalmente tecnicismi. Il tecnicismo è utile, ma non risolve i problemi. Quello che serve, as usual, è usare la testa.

Pensare più a noi stessi che agli utenti

Se facciamo delle campagne immaginando noi stessi come i nostri utenti, sbagliamo. Noi siamo UN target, non IL target.

Per questo, uno degli errori più comuni è quello di creare delle buyer personas senza aver fatto un’analisi corretta e profonda dei nostri clienti attuali e futuri, con un’occhio esterno ad essi però.

Il vero Facebook Marketer è analitico, non ragiona sulle proprie idee ma su quello che richiede il target di riferimento.

Non studiare la customer journey in modo appropriato

Se non si studia in modo approfondito il processo che porta un utente che ci vede per la “prima” volta online a diventare cliente, non possiamo creare campagne adatte a lui e a velocizzare questo processo.

Per questo motivo, va posta grande attenzione all’individuazione di corretti pattern di conversione, capendo se e dove Facebook ads può essere d’aiuto nel processo. Non è detto che lo sia in modo diretto, quindi dobbiamo stare molto attenti a non sbagliare questo tipo di valutazione.

Esempio di pattern di conversione:

Un utente ci trova su Google tramite annuncio su Google ads, atterra su una pagina, viene colpito da Facebook Ads in remarketing, entra nel sito, esce, rientra 6 giorni dopo e compra.
La nostra scelta sarà quella tra dare valore a Facebook per la conversione oppure capire se effettivamente quel punto di contatto non è stato utile.

Non è assolutamente semplice, ma con esperienza e numeriche sufficienti possiamo capirlo.

Non tracciare correttamente ciò che avviene dentro e fuori Facebook

Il tracciamento è fondamentale per campagne advertising efficaci su Facebook.

Se i dati che passiamo a Facebook sono corretti e ben segmentati, l’ottimizzazione della delivery delle nostre campagne sarà migliore.

Di conseguenza, è necessario installare correttamente il Facebook Pixel in modo avanzato nel sito.
Per farlo si può chiedere ad un developer, utilizzare Tag Manager oppure su WordPress ci sono decine di plugin efficaci, come ad esempio Pixel Caffeine di Adespresso.

È però utile anche verificarne il funzionamento, con la funzione Test degli eventi che trovate nel Business manager.
Se il pixel non è correttamente installato, non scatteranno i giusti eventi di conversione con il giusto valore, portando costanti errori di ottimizzazione per le adv.

Se tracceremo tutto correttamente, potremo capire meglio il comportamento dei nostri utenti e migliorare le nostre creatività e il nostro stesso sito o ecommerce.

Utilizzare “pessime” creatività

Ultimo, ma non per importanza, il discorso legato alle creatività.

Per creatività di intende il mix tra testo, immagini e call-to-action/bottoni che compongono le nostre inserzioni.

Se non curiamo ogni singolo aspetto e dettaglio di questa parte, le nostre campagne non potranno mai performare a dovere.

Questo non vuol dire fare “belle” immagini, “bei” copy e scegliere “belle” call-to-action, ma significa aver compreso cosa serve per attirare l’attenzione del nostro potenziale cliente nella fase del processo in cui si trova.

È la parte più complessa di questo lavoro ma circa il 70% dei miei studenti ha problemi in merito, in quanto servono competenze trasversali e non tecniche per eccellere, il che rende particolarmente ardua la realizzazione di campagne perfette da subito.

Mi permetto alcuni consigli in merito:

  • Utilizzare testi semplici, chiari e emozionanti;
  • Utilizzare immagini d’impatto, colorate e magari con dei bordi visibili che stacchino l’inserzione dallo sfondo;
  • Le Call-to-action e i link in uscita vanno inserite sia nel testo che nei bottoni sotto l’ad, per alzare la possibilità di click.

Concludo questa risposta, credo fermamente che tutti gli errori più comuni siano causati da:

  • Mancanza di ragionamento corretto e completo;
  • Mancanza di competenze tecniche.

Errori ne facciamo tutti, ma con la dovuta attenzione li possiamo diminuire di numero e intensità facilmente.

Giulio Nicolai

Marketing manager @ Loox Srl info@giulionicolai.com

Giulio Nicolai

Questa domanda è un po’ come il vaso di Pandora del Facebook Advertising. Potrei esordire con un iconico “Ho visto cose che voi umani…”, ma mi limiterò a quelli che personalmente ritengo gli errori macroscopici e, in quanto tali, i più facili a cui porre rimedio.

Basta un budget per avere risultati

La madre di tutti gli errori, che vale per qualsiasi strumento pubblicitario e quindi anche per Facebook Ads, è senza dubbio la convinzione che basti avere un budget e una piattaforma di advertising per ottenere risultati.

Niente di più falso!

Le Facebook Ads sono a tutti gli effetti degli strumenti e qualsiasi strumento deve essere considerato come un ingranaggio di un sistema più grande e complesso.

Senza una strategia, senza lo studio del proprio target; senza la conoscenza approfondita di come il nostro prodotto o servizio si inserisce nel mercato; qualunque strumento si rivelerà inefficiente se non addirittura dannoso.

È uno dei motivi principali per cui i cosiddetti “cugini” [cioè finti esperti improvvisati] combinano i danni più disparati.

Quello che dico sempre agli imprenditori che cercano un professionista per promuovere il proprio brand o prodotto è che un professionista vi parlerà prima di tutto di strategia e solo successivamente di strumenti.

Non fare test

Un altro degli errori più frequenti, dovuto il più delle volte alla mancanza di esperienza, è non testare.

Lo ripeterò finché avrò voce: il testing è l’ABC dell’advertising. Non esistono ricette miracolose, equazioni immutabili, costanti universali o “trucchi”. Non se ne esce, se non si testa si sta andando alla cieca.

E sia chiaro: testare non vuol dire “mettiamo due immagini, quella che ottiene più engagement sarà la vincente”. Non basta.

Si testa sulla base di una strategia, sulla base di KPI studiate a monte, si testano le creatività grafiche, il copy, ma anche l’audience e il targeting.

E soprattutto: i test sono come gli esami, non finiscono mai!

Si è sempre fatto così

E qui arrivo ad un altro errore da matita rossa: “si è sempre fatto così / così ha sempre funzionato!”.

Questo è un atteggiamento molto pericoloso nell’advertising.

Ad accompagnare le nostre campagne devono esserci SEMPRE delle campagne di testing, SEMPRE!
Il fatto che un sistema sia vincente non significa che lo sarà vita natural durante.

Facebook Ads è una piattaforma complessa, il mercato stesso è in continua evoluzione, qualcosa che funzionava ieri potrebbe smettere all’improvviso di funzionare oggi.

Quando si fa advertising bisogna essere un po’ paranoici, mi piace scherzare dicendo che dovremmo essere come quei pazzi che costruiscono bunker e li riempiono di cibo in attesa di una fine del mondo che non avverrà mai.

Andy Grove, fondatore della Intel, scrisse addirittura il libro “Only the paranoids survive nel quale esprimeva il concetto che in un mondo ipercompetitivo prepararsi per tempo fa la differenza tra il successo e l’insuccesso.

Un esempio pratico di quanto il testing continuo possa portare benefici arriva dalla mia esperienza nel mondo del performance advertising, in particolare su un lavoro svolto per una grande azienda di annunci.

Quando arrivai gli investimenti su Facebook Ads erano molto ridotti, circa 8000€/mese.

Funzionava tutto e i risultati erano in linea con il business plan. Tutto bene? Si, certo, ma si poteva fare di più? Si può sempre fare meglio.

Per questo mi presi la libertà di effettuare alcuni test su diversi tipi di ottimizzazione. Il risultato?

Passando da campagne “traffico” a campagne “per interazione”, la capacità di spesa e il ROAS sono letteralmente esplosi, permettendoci di arrivare a spendere in un solo giorno quello che eravamo abituati a spendere in un mese. Non male, no?

Non sfruttare le potenzialità di Facebook Ads

Un altro errore tipico è quello di utilizzare solo l’1% delle potenzialità che Facebook Ads offre agli inserzionisti.

La piattaforma di FB Ads è estremamente variegata e gli strumenti a disposizione sono veramente tantissimi, dai più semplici a quelli più complessi. E per complessi intendo strumenti che richiedono necessariamente l’intervento di un reparto di sviluppo, penso ad esempio all’integrazione delle Facebook Marketing API che aprono la porta ad un mondo sconosciuto ai più.

Ma senza andare a scomodare strumenti così avanzati, spesso mi sono ritrovato di fronte a clienti che gettavano letteralmente il denaro dalla finestra perché, con le dovute giustificazioni, non utilizzavano i giusti strumenti.

Un esempio tipico: l’ecommerce che non sfrutta l’enorme potenziale delle DPA, più note come “Inserzioni dinamiche”.

Agli inizi di quest’anno ho avuto modo di collaborare con una catena di negozi di prodotti per il fai-da-te che fino a quel momento aveva gestito Facebook Ads internamente.

Devo dire che erano anche molto bravi a livello di comunicazione, conoscenza del target e customer care, ma non avevano la minima idea di cosa fosse il remarketing dinamico e di come implementare le DPA.

Quando partirono le nuove campagne a seguito della creazione dei cataloghi dinamici, i titolari si sono quasi sentiti male.

Le vendite sull’ecommerce sono aumentate del 1200% (no, non c’è uno zero di troppo!) dopo un solo mese.

Non capire la differenza tra pubblico di remarketing e lookalike

Un altro esempio? Non comprendere la differenza tra pubblico di remarketing puro e Lookalike.

Uso spesso una metafora per spiegare la differenza:

“Hai un partner. Vi lasciate.

Un mago ti offre la possibilità di vedere un’aureola sopra le persone che sarebbero disponibili ad avere un rapporto sentimentale con te, perché hanno gusti e inclinazioni simili al tuo ex partner.

Cosa NON fare: “Ciao! Ho prenotato il ristorante per stasera, ti aspetto!” (la risposta generale, più che legittima, sarebbe “ma chi ** è questo?)

Cosa fare: Sfruttare questa nostra dote per mostrarci interessanti e riuscire in maniera “spintanea” ad ottenere un appuntamento galante.

Parafrasando: i pubblici LookAlike non sono composti da persone “già pronte”, vanno intese come persone “qualsiasi” ma che sono ‘potenzialmente’ interessate al nostro prodotto. Non ci conoscono, non hanno sentito parlare di noi, ma hanno “un’inclinazione” verso prodotti/servizi simili al nostro, dobbiamo quindi essere bravi a farci conoscere e ‘guidarli’ alla conversione.

Se li trattiamo come se fosse un pubblico di remarketing si buttano via tempo e soldi.”

Conoscere i giusti strumenti fa la differenza. Ma non bisogna fare l’errore di pensare che tutti debbano sapere tutto. L’imprenditore fa l’imprenditore, l’advertiser fa l’advertiser, che l’imprenditore non conosca tutti gli strumenti è cosa ovvia e non di certo una colpa!

Sito inefficiente

Questo discorso può essere esteso anche in altri campi, e qui vengo all’ultimo errore fatale.

Una situazione tipica e molto frustrante per chi fa advertising: le campagne vanno benissimo, CTR alle stelle, CPM da guinness dei primati, Engagement che Taffo e Ceres scansatevi, ma Conversioni 0.

Motivo? Landing page inefficienti, sistemi di acquisto antidiluviani o estremamente macchinosi, customer care affidato agli Unni, burocrazia interna che neanche ai tempi dell’URSS (sigh, mi è capitato anche questo).

Come detto fin dall’inizio, l’advertising è uno strumento e non può garantire da solo l’efficienza del sistema.

Non supportare l’advertiser

Garantire all’advertiser tutto il supporto (nei limiti del) possibile, ascoltare i suoi pareri tecnici (un buon advertiser ha le cosiddette “T-shaped Skills”), è fondamentale per una collaborazione proficua e un portafoglio pieno.

Non più di un mese fa mi sono ritrovato a sbattere i pugni sul tavolo con un cliente del settore travel che si rifiutava di modificare un form per la raccolta delle lead.

La situazione era paradossale: le campagne andavano a gonfie vele, la risposta del target era eccellente, ma il form (mastodontico) non veniva compilato.

Dopo una serie di test (con strumenti come Hotjar, ad esempio), avevo elementi sufficienti per dimostrare al cliente che quel modulo era una vera e propria barriera, una cosa paragonabile alla Grande Barriera del Trono di Spade, ma i clienti, giustamente, non portano con sé draghi dal fuoco blu.

Dopo un’accesa discussione sono riuscito a convincere il cliente a cambiare radicalmente il form.

Risultato? Le lead hanno cominciato ad arrivare copiose e il rapporto tra me e il cliente è notevolmente più saldo e confidenziale.

Se sei il professionista: chiedi collaborazione al cliente, ne beneficerete entrambi.
Se sei il cliente: offri collaborazione al professionista, d’altronde lo stai pagando per fare il suo lavoro!

Paolino Virciglio

FB Ads Specialist // Studio Samopaolino.virciglio@gmail.com

Paolino Virciglio

Mi capita spesso di prendere in mano account pubblicitari avviati, che sia per delle consulenze o per gestire direttamente le campagne di un nuovo cliente e noto spesso che gli errori più comuni sono quasi sempre gli stessi.

Non ci si crederà, sembrerà scontato, ma la maggior parte delle volte non troviamo nemmeno il pixel di Facebook installato, anche in grosse aziende conosciute a livello mondiale: da questo si capisce già che l’eventuale attività svolta fino a quel momento è stata di puro branding e che purtroppo nulla è stato tracciato. È fondamentale installare il pixel con tutte le relative azioni in modo da poter avere risultati concreti su cui basare le scelte successive.

Andando oltre la questione tecnica, di tracciamento dei dati, ti elenco qualche errore comune, ma ti anticipo già che la maggior parte sono in fase di targeting e posizionamento.

Confondere pubblici caldi e freddi

Molti advertiser alle prime armi mischiano pubblici caldi con pubblici freddi, soprattutto quando usano i pubblici simili [lookalike]. E’ una difficoltà che ho riscontrato anche quando faccio i corsi per Studio Samo: un pubblico simile è un nuovo pubblico che si basa su caratteristiche per l’appunto simili a quello da cui viene generato, quindi sono utenti nuovi, che non conoscono il brand per cui stiamo sponsorizzando.
Di conseguenza dovremo mostrare adeguate inserzioni (a seconda del percorso d’acquisto) tenendo conto che non hanno idea di chi siamo.

Non possiamo mischiare tali pubblici con pubblici di remarketing (caldi), altrimenti otterremo prestazioni difficilmente interpretabili, dato che a seconda dell’obiettivo scelto funzionerà meglio il pubblico freddo o caldo (es. per engagement potrebbe funzionare meglio quello freddo, mentre per conversione quello caldo).

Troppi interessi

Un altro problema in fase di targeting è l’utilizzo di troppi interessi, spesso anche molto diversi tutti assieme: si tratta di tutti quelle caratteristiche per cui gli utenti vengono catalogati da Facebook, come ad esempio “gente interessata al trekking” o “utenti che hanno figli con meno di 6 mesi”. In fase di targeting possiamo decidere di mostrare le nostre inserzione solo a chi rispetta alcune di queste caratteristiche: il mio consiglio è di non sceglierne troppe assieme, soprattutto se sono molto diverse.

Purtroppo se ne vengono inseriti troppi non c’è modo di capire quale stia portando prestazioni migliori, o quale di questi le stie peggiorando. Il mio consiglio è di cercare di aggiungerne uno (se di buone dimensioni) o di molto simili e di non esagerare con l’ampiezza del pubblico (anche perché spesso non si hanno grossi budget per coprirlo).

Allo stesso tempo, non si deve nemmeno scegliere un pubblico troppo ridotto (di top funnel). L’algoritmo di Facebook lavora molto bene e la maggior parte delle volte si ottengono risultati più performanti a fargli “pescare” gli utenti migliori su un bacino più ampio rispetto che su un numero ridotto di persone. In alcuni settori, soprattutto con prodotti generalisti, funziona bene usare pubblici molto generalisti e ampi, ad esempio selezionando solo caratteristiche demografiche e di località.

Non scegliere correttamente il posizionamento

Passando ai posizionamenti, spesso mi capita di vedere selezionato il posizionamento automatico con obiettivi che non sono di conversione. Facebook è ormai uscito da se stesso e fare “pubblicità su Facebook” significa andare a mostrare annunci anche su canali molto differenti (ad esempio Instagram, Messenger o l’Audience Network). Scegliere il posizionamento automatico significa lasciar scegliere all’algoritmo su quali di questi posizionamenti mostrare il nostro annuncio.

Il problema è che, quando si decide di adottare questa soluzione, è d’obbligo andare a vedere dove l’algoritmo stia spendendo i nostri soldi, usando l’opzione di breakdown. Non sto dicendo sia sbagliato, anzi, è una strategia per far lavorare l’algoritmo e capire dove le inserzioni funzionano meglio, ma bisogna poi fare un’attenta analisi.

Se ad esempio selezioniamo un obiettivo di traffico e creiamo delle campagne graficamente molto belle, ma teniamo tra i posizionamenti l’audience network, rischiamo che gli utenti vedano solo un piccolo bannerino o che il traffico non sia di grande valore, che sia sporco.

È l’obiettivo a determinare quale posizionamento verrà usato: se scegliamo un obiettivo di conversione, ad esempio l’aggiunta al carrello, difficilmente l’audience network spenderà dei soldi, questo perché sicuramente altri posizionamenti avranno dei costi per add to cart migliori e verranno preferiti da Facebook.

Attenzione al ROAS

Anche in questo caso però, attenzione ad un altro fattore.

Quello che conta, come dico sempre, è il ROAS, il ritorno sulla spesa pubblicitaria; usare posizionamenti automatici potrebbe far si che placement che potrebbero portare ROAS interessanti non prendano soldi.

Ad esempio mi è capitato con un cliente ecommerce di aver notato che alcune campagne di low funnel per conversione girassero solo su newsfeed mobile e non su Instagram per via dei costi per carrello maggiori.

Tenevano un ROAS molto alto, 12. Separando in una nuova campagna Instagram, si otteneva un ROAS 6 solo su quel canale. E’ chiaro che la media dei due porti ad un ROAS complessivo più basso, e che il cliente, cosa che è successa, chieda come mai sia sceso: il cliente va educato ed in questo caso gli è stato fatto notare come con questa azione di analisi ed ottimizzazione siano stati spesi 500€ in più mensili (su IG) per un ritorno di 3.000€ in più che altrimenti non avrebbe guadagnato, dato che gli utenti di Instagram sono molto diversi da quelli di Facebook in questo caso.

Non curare la creatività

Dal punto di vista delle creatività, se selezionate più posizionamenti assieme, è fondamentale curare ogni inserzione a seconda di dove verrà mostrata, sia per quanto riguarda l’immagine, che per quanto riguarda il testo (che sarà molto diverso). Mi capita troppo spesso di vedere testi tagliati, oppure immagini con CTA troppo piccole (ad esempio sulla colonna di destra), o immagini accompagnate da poche parole inutili (ad esempio sul feed di IG) quando invece sarebbe fondamentale mostrare il messaggio che vogliamo trasmettere.

Ora Facebook offre la possibilità di caricare creatività diverse a seconda del posizionamento e permette anche modifiche avanzate sia alle immagini che ai vari template, se non avete a disposizione un grafico, sfruttateli.

Questi sono gli errori che mi capita di vedere più spesso, quelli più comuni, fatti spesso da chi si sta avvicinando a questa materia, quindi spero che questo contributo possa aiutare che è agli inizi a migliorarsi.

Veronica Gentili

Facebook Marketing Expert // Glisco Marketingveronica@gliscomarketing.com

Veronica Gentili

Tra gli errori peggiori che ho visto fare spesso anche (ahimé) da brand che investono migliaia di euro ogni mese sulla piattaforma:

Non capire le dinamiche

Cercare di vendere prodotti high ticket [con un alto prezzo] o comunque dal customer journey complesso e non da acquisto di impulso a pubblici freddi; Facebook non è Google, le persone non stanno cercando attivamente ciò che offri, per cui è fondamentale non solo rispettarne e comprenderne dinamiche e linguaggi, ma anche “lavorare” i propri pubblici per accompagnarli all’acquisto.

Viceversa si rischia di avere costi per risultato altissimi e ritorni sull’investimento molto bassi…magari finendo per dare la colpa al mezzo e a non al cattivo utilizzo che se ne fa!

Non utilizzare il Facebook Pixel

Non utilizzare il Facebook Pixel e il tracciamento delle conversioni o comunque altri sistemi di monitoraggio delle conversioni (es. Facebook SDK o Offline Conversions): per capire effettivamente quali risultati ci portano le campagne pubblicitarie è necessario non solo installare il Pixel, ma anche monitorare le azioni importanti per il nostro business attivate dalle campagne. 

Purtroppo in molti ancora oggi si accontentano di raccogliere click e impression, spsso basando sulle metriche sbagliate campagne che invece mirerebbero al contatto, alla richiesta di informazione o all’acquisto.

Le Facebook ads possono essere una grande risorsa di business, ma come facciamo a sapere cosa fa per noi se non ne monitoriamo i risultati?

Non fare retargeting

Non fare Retargeting: si tratta del tipo di campagna a performance che più facilmente e più velocemente può portare risultati a basso costo proprio perché permette di lavorare su persone che hanno espresso già interesse nei confronti dei nostri prodotti e servizi (per non parlare dei Pubblici Personalizzati, altra miniera d’oro di Facebook!),

Si tratta di una tipologia di pubblico che è già venuto in contatto con il nostro brand ed è quindi, logicamente, più propenso a venirvi nuovamente a contatto e a convertire, se opportunatamente accompagnato. Facebook mette a disposizione varie tipologie di Pubblici Personalizzati, come i visitatori del sito web, il database clienti e contatti, le persone che hanno interagito con il brand su FB e IG, eppure sono ancora tanti i brand che, perché non ne hanno capito le potenzialità o per difficoltà di implementazione non si avvalgono di questa tecnica che permette di accompagnare i clienti all’acquisto e aumentarne il valore e ciclo di vita!

Mi ricordo che nel primo mese di set up di un cliente con Ecommerce abbiamo registrato un ROAS medio di oltre 60 (per ogni euro speso ne venivano guadagnati oltre 60) e in generale ho visto ritorni generalmente molto buoni, sia nel B2B che nel B2C, sia per chi vende online che per chi no, in media almeno 3 o 4 volte l’investimento pubblicitario sostenuto.

Questo da una parte è da imputare al sistema di attribuzione di Facebook, ma dall’altra al fatto che a volte le persone hanno semplicemente bisogno di “una piccola spinta in più” per decidersi e il brand non può davvero perdere l’occasione.

Alessandro Gargiulo

Facebook & Instagram Ads Marketer @ Alessandro Gargiuloalessandro@gargiulo.it

Alessandro Gargiulo

Si dà per scontato che gli errori che si riscontrano quando si lavora con Facebook Ads derivino dall’utilizzo dello strumento ma in buona parte dei casi questi sono solo una delle tre tipologie di errori che ho incontrato:

  • vi è una mancata (o errata) analisi del processo di acquisto
  • non vi è un minimo di preparazione tecnica
  • non si rispettano linee guida

Come ho spesso sentito dire, la gran parte dei problemi in genere risiede tra la sedia ed il monitor.

Perché un’analisi sbagliata del processo di acquisto può comportare dei pessimi risultati?

Perché prima di costruire una casa chiunque dovrebbe interpellare un ingegnere e capire se il terreno su cui si vuole costruire è edificabile.

Una corretta analisi permette non solo di ottenere dei dati importanti (insight) ma permette di andare a impostare delle campagne che non hanno nient’altro che lo scopo di accompagnare l’utente attraverso il processo di acquisto.

Ad esempio scegliere su quali posizionamenti puntare può essere deciso unicamente in seguito ad un’analisi corretta del processo di acquisto e degli utenti.

Capire e studiare il processo di acquisto è la fase 0 da cui partire con qualunque attività successiva.

Perché è fondamentale capire come funziona Facebook Ads, il pixel, il catalogo, etc?

Ogni singola informazione anche tecnica è utile a capire come poter sfruttare lo strumento per ottenere il maggiore risultato.

Un esempio pratico? E-commerce.

Grazie al pixel di Facebook abbiamo la possibilità di tracciare ogni evento che avviene sul nostro ecommerce. Sappiamo quando gli utenti visitano un prodotto, quando aggiungono al carrello, quando sono in checkout e, soprattutto, sappiamo quando comprano.

Grazie ad una corretta configurazione del pixel e del catalogo è ad esempio possibile creare delle campagne di remarketing dinamico che mostrino, alla navigazione sulla famiglia delle applicazioni di Facebook, i contenuti che abbiamo visualizzato sul sito web. A patto che non li abbiamo già acquistati.

È quindi necessario capire e collaborare attivamente con il reparto tecnico per comprendere il funzionamento di questi strumenti per poter sfruttare a pieno il loro potenziale.

Come le linee guida siano così semplici da seguire e soprattutto come sia così facile non tenerle in considerazione?

Spesso mi capita di aiutare agenzie o freelance nel loro percorso attraverso Facebook e Instagram Ads e fino ad ora tutti quelli che ho incontrato hanno sempre fatto gli stessi errori in questa fase.

Conoscono il funzionamento di Facebook Ads, hanno analizzato perfettamente il processo di acquisto e sanno quali sono i momenti da andare a intercettare e poi si perdono in strutture di campagne ultra complicate, senza pensare che quel che Facebook sta promuovendo tramite Power5 da mesi ormai è proprio la semplicità.

Non si tratta di semplicità unicamente a livello strutturale, ma anche a livello organizzativo interno.

Così come uno chef deve avere sempre il tavolo di lavoro in ordine e pulito, così il nostro banco di lavoro (l’account inserzionista) deve essere ordinato.

Questo implica riuscire a leggere le cose in maniera più immediata, concentrandosi sui dati e non sull’andare a ricordarsi cosa c’è all’interno di quella campagna, di quel gruppo di inserzioni o di quella inserzione. Una serie di esempi:

  • TOFU – Traffico – CBO – IG Stories – Broad
  • TOFU – Conversioni – CBO – Fb/Ig Feed – Interessi
  • MOFU – Conversioni
  • BOFU – DPA – CBO
  • BOFU – Conversioni – CBO

Per i non addetti ai lavori, una piccola legenda:

TOFU\MOFU\BOFU indicano “Top, Middle and Bottom Funnel Stages”, ovvero la posizione occupata nel processo di acquisto nella visualizzazione classica ad imbuto (funnel).

CBO è una funzionalità che sarà obbligatoria da febbraio 2020 dove il budget verrà impostato a livello di campagna e non dei gruppi di inserzione

DPA sono i Dynamic Product Ads ovvero i cataloghi prodotti che spesso possiamo vedere in remarketing.

Da notare che in questo modo, se avete analizzato correttamente il processo di acquisto, già sapete quale inserzione viene mirata a chi senza neanche dover aprire la campagna per vedere cosa c’è dentro.

Personalmente utilizzo nomi più complessi per avere a disposizione molte più informazioni rapidamente, ad esempio: BF:WC:CBO:FBF:30AS | Trend.

La semplicità è anche impostare le campagne per rispettare gli obiettivi di business

Quello che dobbiamo fare è molto più semplice di quello che si pensi: se vogliamo convertire dobbiamo utilizzare una campagna ad obiettivo CONVERSIONI, non traffico al sito, non Interazioni sul post. Conversioni.

Andare per la semplicità è anche questo. Troppo spesso ho visto ecommerce che tentano di ottimizzare le campagne per clic verso il sito o, ancora peggio, ecommerce di prodotti per elettricisti che utilizzavano come obiettivo INTERAZIONI SUL POST.

Bisogna dare coerenza con l’obiettivo di business, perché è la cosa più semplice che si possa fare, appunto.

Una semplice struttura di campagne implica il non sovrapporre i pubblici

Non sovrapporre target.

Se due gruppi di inserzioni puntano allo stesso bacino di utenti con lo stesso obiettivo, indipendentemente dal messaggio, considerate che vi state facendo competizione da soli.

Il mercato pubblicitario di Facebook è regolato da un sistema ad asta, quindi se mettete in campo due concorrenti che cercano di aggiudicarsi lo stesso spazio.. si faranno concorrenza da soli.

Facebook spiega molto bene questo comportamento nella documentazione che però avverte “non è per forza negativo”.
Se gli utenti sono però pochi, l’aumento dei costi si fa sentire e come.

In conclusione? I miei consigli sono 5:

  1. Studia il processo di acquisto, dalla scoperta al riacquisto
  2. Studia come funziona tecnicamente Facebook Ads, pixel e catalogo
  3. Semplifica la struttura campagne
  4. Utilizza obiettivi allineati con gli obiettivi dell’attività da sponsorizzare
  5. Evita di creare gruppi di inserzioni che utilizzino lo stesso pubblico

Davide Bellomi

Esperto Facebook Ads @ Davide Bellomidavide@davidebellomi.com

Davide Bellomi

Lavoro tantissimo sulla gestione di campagne facebook affiliate, ecommerce e lead generation trovando spesso le criticità che non permettono di raggiungere gli obiettivi prefissati.

Gli errori che vedo spesso fare su facebook si concentrano su 3 punti fondamentali:

  • Copy e creatività
  • Landing page
  • Eventi del pixel

Partendo dal primo copy e creatività vedo girare troppo spesso ads in cui non vi è stato un ragionamento su quali effettivamente sono le leve da utilizzare per raggiungere l’obiettivo.

Le leve sono fondamentali in quanto tutto noi ci basiamo su bisogni e proprio su queste necessità bisogna lavorare, al fine di attrarre l’utente nella nostra landing o nel nostro funnel di conversione.

Ti faccio un esempio pratico, anzi meglio ancora ti metto a disposizione uno strumento su cui lavorare.

La piramide di Maslow

Piramide di Masslow nel Ads

Lascio a te indagare su chi fosse Maslow, ma ti consiglio provare a individuare in quale categoria potresti identificare il tuo utente per il servizio o prodotto che stai proponendo.

Se poi vuoi approfondire ancora non dimenticare il libro le armi della persuasione di Cialdini, che sono un altro strumento fondamentale da tenere nel tuo cassetto di lavoro.

Attenzione: lo sconto non fa parte di queste leve o almeno non in parte.

È fondamentale che quando utilizzi lo sconto, quest’ultimo sia giustificato da una motivazione.
Non è sufficiente scrivere “oggi sconto del 50% “ ma è importante dare una motivazione a questo sconto.

“Sconto Summer 2019 approfittane ora“.

Stesso ragionamento per quanto riguarda la creatività spesso poco curata, sgranata o scollegata dal significato del copy. L’utente fa scroll sulla sua bacheca e grazie alla vostra creatività potete farlo fermare a leggere oppure no.
Quanti secondi pensate che possa dedicare al vostro post?

Meno di 3, quindi dovete essere molto incisivi.

Cosa succede se riuscite a catturare l’attenzione del vostro utente?

Finirà sulla vostra landing page e qui apriamo un mondo nuovo.

Landing che non sono responsive, stessa landing sia per desktop che per mobile, errori grammaticali o immagini che pesano megabyte.

Gli utenti desktop avranno esigenze diverse da quelli mobile e quindi ti consiglio di lavorare su due tipologie differenti, il flusso di acquisizione delle informazioni è differente in base alla piattaforma di usufruizione.

Studiate il comportamento degli utenti sulle vostre landing per poter ottimizzare la loro usabilità, il tempo di permanenza e i tassi di conversione a volte un piccolo dettaglio fa una differenza enorme.

Ad esempio A/B test ovvero due landing che si differenziano tra loro per un particolare ( come il colore della call-to-action o il testo della cal-to-action ).

Mi raccomando testate una modifica alla volta in modo da essere sicuri su quale sia quella giusta da implementare o togliere.

Per studiare il comportamento degli utenti potete utilizzare vari strumenti on line come ad esempio Yandex Metrica.

La velocità di caricamento, inutile dirlo ma è fondamentale.

Lato SEO io non sono un esperto, ma è importante avere delle conoscenze di base da applicare alla vostra landing in quanto Facebook come Google effettua una analisi della vostra landing per trovare il target a cui proporre le vostre Ads.

Infine abbiamo il pixel, strumento strano e a cui vengono associati misteriosi poteri di conversione.

Ecco, quasi niente di tutto ciò, ma un semplice sistema di tracking che associato ad account ed altre informazione ti cambia la vita.

Quindi dov’è l’errore più comune?

Tralasciando che ho visto landing o siti senza pixel, ma questo è un altro discorso, Facebook ha fornito il pixel di vari eventi di monitoraggio che se semplicemente letti in sequenza ci fanno capire che disegnano un funnel.

Potete far scattare molti eventi nella fase in cui l’utente atterra sul sito fino al completamente dell’azione che sia purchase o lead generation.

Si esatto, mettete in coda gli eventi e vedrete che è un funnel, quindi perché usare solo il page view e il purchase o generazione del lead? Dovete bombardare il pixel e tutti i suoi eventi con il maggior numero di dati possibili per permettere a Facebook di identificare e analizzare il comportamento degli utenti alla perfezione.

Ti faccio un esempio: mi sono trovato poco meno di un mese fa ad analizzare una landing che aveva lo scopo di vendere un prodotto ad un target freddo. La landing era gradevole e realizzata con logica, ma aveva un conversion rate basso.

Analizzando il comportamento degli utenti si vedeva che non avevano nessun problema di consultazione ma ad un certo punto abbandonavano senza un motivo specifico senza arrivare a convertire.
Il difetto era proprio negli eventi del pixel, infatti sulla landing scattava il page view e poi nessun altro evento fino al purchase.

Ho inserito al suo interno tutti gli altri eventi ( anche se parliamo di una sola pagina ).

  • View content, scatta nel momento in cui l’utente visualizza la pagina di destinazione;
  • Add to cart è il momento in cui il nostro utente aggiunge un prodotto al carrello;
  • Inizio di purchase quando l’utente inserisce i suoi dati per completare l’ordine come ad esempio indirizzo di consegna o dati del pagamento
  • Purchase è il completamento del nostro processo, l’utente ha acquistato.

Questo ha permesso a me e a Facebook di capire come gli utenti si comportavano e quale fosse la tipologia migliore di persone da portare sulla pagina di vendita.

La campagna è passata da spendere 200€ al giorno fino a 8.000€ al giorno con un ritorno sull’investimento superiore al 50% e oggi è ancora perfettamente funzionante e automatizzata grazie ad un sistema di regole automatiche ben precise che fanno il lavoro “ sporco “.

Cosa sono queste regole Automatizzate?

Si esatto, ad un certo punto della tua campagna puoi iniziare a far lavorare tutto il sistema con un set di regole che gestiscono per te le modifiche.

Ad esempio:

  • Puoi far spegnere un adset se questo non converte entro la cifra che vuoi tu;
  • Per ridurre il budget su adset poco performanti;
  • Aumentare il budget su adset che invece stanno andando molto bene;
  • Per riaccendere tutti gli adset che ti interessano alla mezzanotte;

E molte altre regole che puoi sviluppare in base alla tipologia di campagna su cui stai lavorando.

Michael Vittori

Advertising Specialist @ Michael Vittoriinfo@michaelvittori.it

Michael Vittori

Facebook Ads è un “animale” estremamente bizzarro e mutevole, tanto facile da usare a livello d’interfaccia, quanto complesso da gestire. Per questo gli errori sono di diversa natura: cercherò di riassumere quelli più comuni.

Mancanza di strategia e di analisi del processo d’acquisto

La comprensione del processo d’acquisto dei clienti è alla base di qualsiasi attività di web marketing e advertising, Facebook compreso.

Prima di iniziare qualsiasi attività, devi sempre chiederti:

  • Come mi contattano i clienti? Mail, telefono, chat?
  • Perché dovrebbero comprare da me e non da altri?
  • Cosa li spinge ad acquistare?
  • C’è domanda consapevole del mio prodotto/servizio?
  • Qual è il mio cliente tipo (buyer persona)? E così via.

Spesso però questo passaggio fondamentale viene totalmente ignorato. Ci si focalizza troppo sullo strumento, complicandosi in molti casi la vita.

Ho visto proporre a piccole attività locali strategie iper complesse composte da 3-4 passaggi, chatbot, raccolta di indirizzi mail, ecc… quando il pubblico di riferimento era di 30.000 persone: quanti utenti rimarranno alla fine dell’abusato funnel? Pensi che sia utile creare una landing page per un ristorante di provincia? O bombardarli di promozioni via mail? A volte un semplice post multifoto con obiettivo interazioni e una campagna messaggi funzionano molto meglio di tecnicismi complessi. Non complicarti la vita.

Lo dice Facebook stesso: keep it simple. Lavora sulla creatività (ormai non bastano più immagini stock carine per attirare l’attenzione, il livello si sta alzando), sulla qualità dei contenuti e sul rapporto con i clienti. La strategia e la creatività sono MOLTO più importanti della tecnica. Quindi dimentica lookalike, bot, ecc.. e cerca di capire come e perché si muovono le persone, quali sono i loro desideri, sogni, esigenze.

Dopodiché potrai strutturare le campagne su più livelli, a seconda di quanto è grande il pubblico di riferimento e complesso il processo d’acquisto: non trattare una pizza come una vacanza o una proprietà immobiliare.

Target troppo generico o minestrone di interessi

“Forma fisica”, “Rolex”, “Spiaggia”: ogni volta che vedo un minestrone di interessi all’interno di un gruppo d’inserzioni, mi piange il cuore. Non farlo!

Stai indirizzando Facebook su strade estremamente diverse tra loro, rendendo il suo compito troppo complesso.

Soprattutto in fase iniziale e in presenza di budget ridotto, se non lavori su base locale (lì non ti servono gli interessi) devi aiutare Facebook a trovare il pubblico giusto per le tue inserzioni.

Usa interessi “laser”, specifici. Vendi vino di livello? Usa Vinitaly, Franciacorta e non “Vino”. Il vino piace a tutti in Italia. Su Audience Insights trovi tutti i dati a disposizione e puoi scavare alla ricerca degli interessi giusti, dopodiché raggruppali in cluster omogenei:

Ad esempio:

  • Trentodoc
  • Franciacorta
  • Berlucchi
  • Vinitaly
  • Gambero Rosso
  • Guida Michelin
  • Eataly

Puoi usare anche intersezioni ed esclusioni per raffinare la ricerca. Se hai già traffico sul sito o indirizzi mail, usa direttamente i pubblici simili.
Quando trovo campagne e account gestiti in questo modo, parto proprio dall’analisi e dalla definizione di pubblici mirati che vado poi a testare nelle campagne in differenti Ad Set.

Scelta dell’obiettivo

Molti si concentrano sul traffico, convinti che Facebook Ads, costando meno di altre piattaforme (Google), sia il canale ideale per veicolare appunto traffico su un sito web.

Una convinzione che non viene verificata dai dati, poiché nella maggior parte dei casi non viene nemmeno monitorato il comportamento dell’utente su Google Analytics!

Ecco un altro grave errore: guardare soltanto il pannello di Gestione Inserzioni e ragionare a comparti stagni. Si guardano i click, il CPC e non ci si accorge nemmeno che molti utenti non hanno nemmeno aperto la pagina d’atterraggio.

Ottimizzando sempre per traffico, soprattutto su un target di utenti che non conosce ancora il brand, rischi soltanto di attirare i “cliccatori seriali”.

Io penso invece che Facebook dia il meglio di sé nelle interazioni – parliamo sempre di un social! – e nelle conversioni, sia interne al sito (vendite, compilazioni di form, ecc…) che native della piattaforma (Lead Ads, Messaggi). Facebook Ads è bravissimo ad ottimizzare le campagne a conversione, quando si verificano 50 eventi settimanali per ogni Ad Set.

E se non sei in grado di ottenere le 50 conversioni di vendita o lead? Puoi fare un passo indietro e ottimizzare per una microconversione: ad esempio, la visita di una pagina chiave (ViewContent) come lo store location, le schede prodotto, la tabella prezzi, ecc… Ovviamente per far devi configurare al meglio il pixel (vedi sotto). In questo modo, la qualità del traffico è generalmente migliore e sposti il focus dai click ad eventi di maggior peso specifico.

Configurazione del pixel

Nell’80% dei casi viene installato il pixel soltanto con l’evento base di visualizzazione di pagina di destinazione, la PageView.

E’ invece fondamentale “tracciare il tracciabile” sia con gli eventi standard offerti da Facebook, sia con quelli personalizzati. Un utente ti scrive in chat? Monitoralo nel pixel con un evento custom! In questo modo potrai visualizzare tutte le conversioni e microconversioni derivanti dalle campagne (usando lo strumento “personalizza colonne) e ottimizzare per esse.

Annunci poco mirati, privi di UVP

Un altro errore risiede nella creazione di annunci poco mirati, del tutto privi di una Unique Value Proposition (UVP; proposta unica di valore): non bisogna mai dimenticare che Facebook non nasce come canale per la vendita diretta.

Proprio per questo motivo, per ottenere dei lead qualificati, e quindi vendere, è necessario sfruttare delle leve di marketing, dare dei benefit, attraverso una strategia pianificata a priori.

Spesso poi vedo curare la parte visual ma trascurare il copy, elemento fondamentale di ogni annuncio: come ripeto da anni, il visual attira l’attenzione delle persone, ma è il copy a convincerle a compiere l’azione desiderata.

Gestione del budget

Quanto budget devo mettere nella campagna? Ecco la domanda che mi viene posta più frequentemente durante corsi ed eventi. Non si hanno le idee mai chiare su questo aspetto.

La scelta non va affidata alla sensazione o al caso. Valuta la dimensione del pubblico e basati sullo storico (se disponibile) di CPA/CPL. Un budget troppo ristretto in una campagna a conversione equivale spesso ad uno spreco di denaro. Idem un budget troppo elevato su pubblici ristretti.

Enrico Marchetto

Social Media Strategist // Noizaenrico@noiza.com

Enrico Marchetto

Guarda, odio prenderla lunga ma una domanda del genere è tutto fuorché semplice.

Per due fattori principali:

  1. La consapevolezza sull’advertising di Facebook è ben lungi dall’aver raggiunta la maturità.
    Perché è una disciplina giovane di cui si scrive relativamente poco e quando lo si fa, lo fa spesso in chiave di micro-management, di piccole ottimizzazioni, di tips and tricks.
  2. Le regole del gioco cambiano con frequenza quasi settimanale e ciò che poteva essere un errore (penso per esempio a lasciare tutti i posizionamenti automatici) non lo è più a distanza di un mese (molto meglio che i posizionamenti li scelga Facebook).

Viste queste due considerazioni, io credo che l’errore comune sia il più basilare in assoluto, ovvero non riuscire a tradurre un obiettivo aziendale in un obiettivo algoritmico.

Mi spiego: il reparto marketing dell’azienda ti chiede conversioni. Questo non significa per forza creare una campagna di conversioni.

a) Perché qualsiasi campagna di conversione ti chiede 50 conversioni alla settimana per Ad Set per poter lavorare in modo ottimizzato, sei sicuro di essere in grado di assicurarle?

b) Sei sicuro che non sia il caso prima di analizzare il traffico attuale del sito web e magari prima di pensare alle conversioni non sia il caso di pigiare sull’acceleratore della copertura e delle impression?

Addirittura prima ancora di pensare al traffico, fatti una domanda sulla qualità attuale del branding del tuo cliente.

Interpretare gli obiettivi aziendali

Quello che devi fare è interpretare un obiettivo aziendale e declinarlo sugli obiettivi reali presenti su Facebook.

Altro esempio: il reparto marketing dell’azienda chiede di investire su Instagram. Un grande classico di questo tempi, peraltro.

Lato Adv dobbiamo aver ben chiari due fattori:

  1. Instagram non è full-funnel, perché lavora molto bene nelle parti alte di un percorso di conversione
    ma è ancora molto lacunoso se lo orientiamo alla conversione. E quindi dobbiamo interpretare bene le richieste del reparto marketing e tradurle in ciò che su instagram si può fare, quintali di reach e impression, e ciò che su IG tendenzialmente si fa fatica a fare ovvero traffico orientato alla conversione;
  2. Investire su Instagram significa investire sul content esclusivi sia per il feed che per le stories, ciò comporta una generazione di effort tanto grande quanto impegnativa. Siamo preparati a tutto questo? Sia a livello creativo che operativo?

Quello che voglio dirvi è che errori come mettere troppo budget su una bassa copertura, oppure mettere poco budget su una ampia copertura, oppure ancora sbagliare ottimizzazione o scegliere un bidding automatico quando conosci perfettamente i prezzi delle tue aste, sono senza dubbio errori sì. Ma sono errori meno importanti del non sapere riconoscere l’obiettivo aziendale e trasformarlo in un obiettivo di social Adv.

Lo predico sempre: usciamo dal micromanagement delle campagne ed entriamo in una visione del Social Adv come ecosistema attorno al journey del consumatore.

Bunty SomRoy

Marketing Strategist // Bunty SomRoyme@buntysomroy.com

Bunty SomRoy

[NdR: Mi piace l’idea di dare a questo articolo un tocco internazionale, e per questo ho posto la domanda che a Bunty RomRoy, esperto di Facebook Ads & Funnel Marketing che ho avuto il piacere di conoscere in una conferenza in Asia.]

Vedo molti business fare le stessi due errori

Errore #1: non tracciare le conversioni

Di gran lunga il problema più comune è la mancanza del tracking corretto sui siti web.

Non parlo solo dell’installazione del codice di Pixel. Parlo di tracciare GOAL con obiettivi legati alle conversioni.

Obiettivi legati alle conversioni molto comuni sono arrivare su una pagina di conferma o thank-you page, quando qualcuno completa un’acquisto o un modulo.

Ci sono diversi modi per implementare questi snippet di codice, chiamati “Eventi standard”, e il tuo sviluppatore ti saprà aiutare.

Ogni tipo di sito avrà un’implementazione specifica che è meglio cambiare quando il goal della campagna cambia.

Perchè è importante?

  1. Quando le persone completano il goal (acquisto, invio di un modulo di contatto, etc.) il pixel verrà “istruito” per trovare più persone simili al tuo cliente ideale.
    Questo significa che se stai solo tracciando i click al link, Facebook mostrerà il tuo Ad a persone che sono ‘clickers’, cioè che cliccano sui link senza necessariamente intraprendere azioni.
    Lo stesso funziona per leads & vendite.
  2. Non puoi minurare il successo delle tue campagne senza misurare le metriche più profonde del tuo funnel.
    Questo significa misurare i contatti (leads) e non solo i click.
    E tracciare vendite e non solo i leads.

Come risolvere

Per prima cosa, fai in modo che ognuno dei tuoi goal redirezioni verso una pagina di conferma o thank-you page quando il goal è completato con successo.

Questo significa che un semplice pop-up di conferma non basta.

Ora, su quella pagina di conferma installa il codice del Facebook Standard Event relativo al goal.

Di solito scatta un evento quando un utente:

  • Invia il suo indirizzo email in un form di opt-in => “Lead”
  • Si registra per un webinar => “Complete Registration”
  • Vede una tabella prezzi => “View Content”
  • Aggiunge un prodotto al carrello => “Add to Cart”*
  • Completa un acquisto => “Purchase”*

*Nota: Add to Cart e Purchase dovrebbero avere parametri per catturare il valore e la valuta così che Facebook possa ottimizzare per le persone che spendono di più con te.

Dopo l’installazione, usa il Chrome Pixel Helper per verificare che stiano funzionando a dovere.

Errore #2: Fare pubblicità senza un funnel di conversione

Immagina questo: hai appena comprato uno yatch.

E scopri che ci sono alcuni buchi da cui imbarca acqua.
Nonostante questo, inviti i tuoi amici perchè sai che puoi togliere l’acqua con un secchio.

È gestibile. Con poche persone a bordo, la barca galleggia…

Ma non vuoi aggiungere altri passeggeri finchè i buchi sono chiusi, giusto?

Aggiungere traffico a pagamento è come aggiungere passeggeri sulla barca che sta affondando.

Quando un business non ha un funnel marketing ben testato, il traffico a pagamento fa risaltare tutti i problemi che ci sono nel funnel. Non è colpa dei passeggeri se la barca non li può reggere, giusto?

Facebook Ads, in fondo, è solo un canale per ricevere traffico. Ci sono centinaia di modi per attirare traffico sul tuo sito web.

Se il tuo funnel non ha un modo per catturare questi visitatori, trasformarli in lead, e convertirli in clienti, tutti gli sforzi per generare traffico ti fanno solo bruciare i tuoi soldi.

Possibile soluzione

Il problema è complesso e non si può fornire una sola soluzione.

Creare un funnel di marketing non è facile e non si può fare in una settimana o mese, ma è piuttosto un processo continuo con iterazioni.

Il primo passo è di cambiare il mindset per dare piorità allo sviluppo del tuo funnel di marketing in parallelo a quello del tuo prodotto o servizio.

Se hai già delle parti di un funnel, è il momento di tracciare i dati e analizzarli per capire su quali punti fare leva.

Per esempio: se il tuo sito riceve 10,000 visite al mese e 1,000 opt-in alla lista, allora devi ottimizzare il tuo lead magnet per aumentare il tasso di conversione da 1% al 3-5%.

Se hai già un flusso di lead verso la tua sequenza di email, ma mancano le vendite, allora è tempo di lavorare sull’email marketing per aumentare il tasso di conversione da lead a clienti.

DigitalMarketer ha un fantastico diagramma di flusso per aiutarti a capire il traffico che ricevi.

Audit GRATUITO della tua campagna Facebook Ads e funnel (in Inglese)

[Bunty è stato così gentile da offrire un bonus per i lettori di WP-OK! Nota bene che è solo per siti in Inglese, Bunty ancora non parla Italiano 🙂 ]

Se hai dubbi o non sai dove andare a trovare questi dettagli, lascia che ti aiuti.

I lettori di WP-OK possono chiedere un audit gratuito della campagna Facebook Ads al link qui sotto.

Nell’audit verifichiamo…

  • Se il tuo Pixel è configurato correttamente;
  • Se gli eventi di conversione tracciano i goal correttamente;
  • Quali KPI sono da tenere controllate per misurare l’efficacia;
  • Quali gruppi demografici performano meglio e peggio (età, sesso, device usato, zona geografica, etc.);
  • Su che punto del funnel dovresti concentrare la tua attività di retargeting;
  • Come la tua strategia pubblicitaria è allineata con il funnel di vendita;

Come sfruttare questa offerta:

  1. Vai alla pagina dell’offerta;
  2. Clicca su “Get Started”
  3. Rispondi alle domande

[Ricorda: questo bonus offerto gentilmente da Bunty è per siti e campagne in Inglese]

I 7 passi per avere successo con Facebook Advertising

Dopo aver ascoltato i consigli dei più importanti esperti italiani di Facebook Ads è il momento di passare all’azione. Come si sviluppa una strategia pubblicitaria di successo? Ecco una checklist da tenere in mente, costruita sulla base delle preziose informazioni raccolte in questo expert roundup:

1. Prima di cominciare: definisci il tuo pubblico

Su questo punto sono tutti d’accordo: è inutile lanciare una campagna senza sapere in anticipo chi vogliamo raggiungere. Se è vero che imparerai a conoscere la tua audience anche attraverso le loro reazioni ai tuoi annunci, è essenziale partire da un’idea ben strutturata delle categorie di persone pronte a recepire il tuo messaggio. Questo significa conoscere la loro posizione geografica, la loro età e i loro interessi, ma anche il modo in cui navigano online e il linguaggio che sono abituate a usare.

2. Studia la customer journey e segmenta la tua audience

Non basta conoscere il tuo cliente ideale per lanciare l’ad perfetto, perché ogni persona reagirà in modo differente a un annuncio in base alla loro posizione nel percorso che va dalla prima interazione all’acquisto. Impara a distinguere tra pubblici “caldi” e “freddi” proponendo annunci differenti in base a quanto le persone conoscono il tuo brand. Ottenere risultati ottimali è un processo graduale: lascia che le persone conoscano il tuo brand prima di spingerle all’acquisto.

3. Configura correttamente gli strumenti di tracciamento

Come abbiamo visto, moltissime aziende lanciano costose campagne pubblicitarie senza aver installato gli strumenti di tracciamento necessari a capire se gli annunci stanno portando i risultati sperati. Non è possibile misurare in modo accurato senza monitorare le azioni degli utenti. Per questo è necessario utilizzare il Facebook Pixel per stabilire cosa accade dal momento del click sull’annuncio in poi e capire in quale punto della customer journey blocca le persone dal procedere, aggiungendo eventi custom da tenere sott’occhio.

4. Sfrutta il retargeting

Uno degli strumenti più potenti della piattaforma di advertising di Facebook è la possibilità di targettizzare le persone che hanno già interagito con il tuo sito. Lanciare una campagna di retargeting significa rafforzare la tua immagine mostrando ulteriori informazioni a chi ti ha già conosciuto e ricordare a chi già conosce il tuo brand novità, sconti e iniziative che potrebbero portare all’acquisto in pochi click. Fare retargeting consente di raggiungere il tuo pubblico di riferimento con una precisione che pochi altri strumenti concedono: è possibile costruire un messaggio pensato per chi ha già visitato le pagine prodotto del tuo sito, chi ha interagito con i tuoi account social o chi ha letto determinate landing page.

5. Cura copy e design dei tuoi annunci

Parlare di conversioni, tracciamento e analisi dati può far sembrare che fare Facebook advertising sia un processo scientifico fatto di soli numeri. Non è così: la creatività gioca un ruolo importante nel rendere un annuncio attraente per il tuo pubblico. Creare grafiche al passo con i tempi e al contempo in linea con il tuo brand è essenziale per comunicare professionalità e al contempo emergere tra le migliaia di post che Facebook mostra ai suoi utenti ogni giorno.

Lo stesso vale per il copy, ossia il testo utilizzato sopra l’annuncio, nell’immagine, nei titoli e nei sottotitoli. Sapere usare le parole giuste per comunicare la tua Unique Value Proposition (UVP) può determinare il successo o l’insuccesso del tuo annuncio.

6. Testare, testare, testare

La pubblicità di Facebook migliora con il tempo, se fatta nel modo giusto. Questo è perché i dati possono comunicarti eventuali punti deboli dei tuoi annunci e confrontando diverse campagne pubblicità potrai capire a quale tipo di messaggio il tuo pubblico è più recettivo. Confronta copy, immagini e landing page per stabilire il genere di annuncio più efficace e migliora regolarmente la tua comunicazione in base ai risultati ottenuti dall’analisi dei dati.

7. Ottimizza il tuo sito web

L’efficacia di una campagna pubblicitaria non si ferma a Facebook. A cosa serve portare potenziali clienti sul tuo sito attraverso un annuncio, se il tuo sito non funziona correttamente? Per evitare che il budget investito in pubblicità vada buttato, è importante curare l’esperienza degli utenti sulla tua piattaforma – sia questa un sito aziendale o un ecommerce. 

Ogni dettaglio conta. Dall’ottimizzazione della velocità di caricamento, al linguaggio utilizzato sulle pagine di vendita, fino alla sicurezza: prendersi cura del tuo sito – o lasciare che sia un team di esperti a farlo 🙂 – è alla base di una campagna di advertising che funziona.

Conclusione

In questo articolo che definirei epico abbiamo visto insieme l’opinione di 9 esperti di Facebook advertising e più in generale di web marketing.

Ognuno ha voluto sottolineare e approfondire aspetti diversi, anche portando casi reali dalla propria esperienza (adoro leggerli!).

Voglio chiudere riassumendo tre punti importantissimi che ho imparato:

  1. Facebook Ads è uno strumento potentissimo, che va però sempre inserito in una strategia di business più ampia. Se è vero che ‘la pubblicità è l’anima del commercio’ come si dice, non basta investire in pubblicità per avere un business funzionante!
  2. Facebook Pixel permette di capire meglio la customer journey per migliorare il funnel di vendita… a condizione che sia installato e configurato correttamente sul tuo sito.
  3. Le creatività sono fondamentali: nella guerra dell’attenzione, per vincere le battaglie serve curare meticolosamente come appaiono le nostre pubblicità.

E tu? Hai già investito in Facebook Ads o stai valutando di farlo?
Qual è la tua esperienza a riguardo?

Daniele Besana

Fondatore di WP-OK e imprenditore digitale. Racconto il mio viaggio imprenditoriale nel podcast Diario Di Due Imprenditori Digitali.

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