I blog sono morti? La risposta di 8 esperti

Scrivere articoli sul web è ancora un modo efficace per farsi conoscere? Questa è l'opinione di 8 esperti di content marketing.

I blog sono morti?

Tabella dei contenuti

WordPress nasce nell’ormai lontano 2003 come piattaforma per la pubblicazione di blog personali e moltissime persone, ancora oggi, si avvicinano al nostro CMS preferito con l’obiettivo di lanciare un sito indipendente in cui condividere pensieri, esperienze e informazioni utili.

Lo iniziai ad usare nel 2006, anno in cui mi trasferii in Olanda, proprio per ‘bloggare’ e tenere informati parenti e amici.

Nel corso degli anni ho visto WordPress evolversi fino a supportare la costruzione di siti complessi, ecommerce e pagine interattive in cui gli utenti possono andare ben oltre la sola lettura. Insieme a WordPress è cambiato anche il mondo del blogging, le cui dinamiche sono state trasformate dall’arrivo dei social media e il ruolo sempre più centrale dei contenuti visuali nella comunicazione digitale.

Questi cambiamenti hanno portato un numero sempre più grande di persone che operano sul web a chiedersi se, nel 2022, valga ancora la pena aprire un blog per far conoscere la propria attività o se sia meglio concentrare le proprie energie su altri canali. In breve:

I blog sono morti?

Non è una domanda a cui è semplice rispondere. Dopotutto, i blog possono svolgere funzioni molto diverse tra loro – da migliorare il posizionamento sui motori di ricerca a offrire opinioni personali su argomenti di nicchia – e rimangono ancora molto utilizzati. Per capirci qualcosa, quindi, abbiamo chiesto ad alcune delle personalità più conosciute nel mondo del blogging italiano. Lasciamo la parola a otto esperti che hanno costruito una carriera con la condivisione di storie, suggerimenti e informazioni online.

Andrea Giuliodori

Founder @ EfficaceMente

Andrea Giuliodori

Sì.

O meglio, rimarrà sempre uno zoccolo duro di lettori di blog e se nel tempo il nostro blog si sarà posizionato come riferimento, soprattutto in una nicchia molto specifica e verticale, il blog rimarrà per noi uno strumento di lead generation e authority importante.

Ma puntare tutte le nostre fiches su un blog oggi la troverei una scelta errata.

Tutti noi abbiamo tempo ed energie limitate e, soprattutto se siamo agli inizi, dobbiamo investirle laddove possiamo aspettarci il ritorno più grande per il nostro investimento.

Dobbiamo dunque avere chiaro: 1) qual è l’obiettivo che vogliamo raggiungere attraverso la nostra presenza online (lead generation? autorevolezza? altro?); 2) qual è il canale più promettente per noi e dove potenzialmente saranno nei prossimi 3-5 anni i nostri clienti.

L’ottica futura è fondamentale: se i blog sono (in parte) morti, è altrettanto vero che investire oggi su piattaforme troppo mature significa scontrarsi con una competizione assurda e anche in questo caso il gioco non necessariamente vale la candela. Quali sono dunque le piattaforme emergenti che promettono meglio? Sono adatte a noi? Sono adatte al nostro pubblico?

Queste sono le domande che mi porrei.

Termino con una nota positiva sui blog.

Anche le newsletter era morte, ma servizi come Substack le hanno rivitalizzate e rese uno strumento di monetizzazione molto importante per giornalisti e scrittori.

Che possa accadere la stessa cosa con i blog, magari grazie alle nuove soluzioni che si stanno sviluppando per il Web3? Non lo escludo e sono ansioso di vedere gli sviluppi futuri!

Nina Virtuoso

Copywriter & Creative Director @ Reverse Agency e Ninavirtuoso.com

Nina Virtuoso

Precisiamolo subito: la mia è una risposta volutamente provocatoria 🙂

Se i blog fossero morti saremmo di fronte a un forte segnale di cambiamento nel mondo della comunicazione online. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un’esplosione di blog, ondate di parole chiave, piani editoriali talmente densi da far fumare dita e cervelli di molti copywriter. In questa sovrabbondanza di parole, però, manca spesso la base su cui dovrebbe posare qualsiasi strategia di comunicazione: da una parte l’ascolto delle esigenze del pubblico – alle quali siamo invitati a rispondere con soluzioni, prima ancora che prodotti da vendere – e dall’altra la definizione di un’identità di marca, due ingredienti che saprebbero rendere ogni articolo unico, personalizzato, diverso da tutti gli altri sullo stesso argomento. E, a volte, aiutare le aziende a capire che il blog non è sempre necessario.

Non solo. Negli ultimi due anni è cambiato molto il modo in cui le persone percepiscono e utilizzano Internet. La pandemia ci ha spinti ad affidare una parte sempre più corposa della nostra esistenza al digitale, anche quel target che fino a qualche anno fa era ancora diffidente verso il web. E se è vero che da una parte sono aumentate offerte, servizi, strumenti e soluzioni online, è altrettanto vero che gli utenti oggi sono – o pensano di essere – più attenti e consapevoli. Essere presenti online non bastava prima e non basta nemmeno oggi. Ma nemmeno avere un blog è sufficiente. Occorre avere qualcosa da dire, con un proprio tono di voce e una profonda conoscenza di ciò che le persone si aspettano di trovare nei nostri contenuti.

Quindi sì, i blog sono ancora vivi e vegeti, ma spesso sono utilizzati male. Ad essere un po’ moribonda, forse, è la strategia dei contenuti. E la consapevolezza del perché si scrive, e perché la nostra audience dovrebbe leggerci.

Scrivere meno, comunicare meglio, ascoltare di più: questi sono i miei tre consigli per le aziende desiderose di costruire un dialogo con il proprio pubblico.

Marco Ferrarese

Freelance Writer @ Penang Insider

Marco Ferrarese

Allora, considerando che siti come il New York Times, Al Jazeera (con cui collaboro) e molti altri sono essenzialmente dei blog, bhe, direi di sì. Il discorso è come lo si fa: partire e guadagnare con un blog in poco tempo, oggi, è veramente difficile se non si trova una nicchia precisa, non saturata, e con una buona possibilità di trovare keywords che rankino velocemente. E soprattutto, senza creare pagine dove lo scopo principale è fare cliccare dei link affiliati al pubblico – nel mio caso (nicchia viaggi) camere d’albergo, tours, biglietti vari ecc.

In definitiva, tutto quello che funzionava 10 anni fa (e che io non sapevo), funziona ancora ma è molto più difficile da ottenere. Detto questo, la mia specializzazione sono i viaggi, dunque anche la pandemia ha stroncato le opportunità migliori sia per il mio sito nicchia su Penang e la Malesia del nord sia per molto del lavoro freelance che necessariamente uno scrittore come me deve fare mentre il suo blog diventa “di successo”.

In altre parole: un blog aiuta comunque nella visibiltà di una persona/azienda/prodotto se è studiato per ottenere degli obiettivi. I miei, da travel writer, erano/sono di offrire informazioni chiare e precise sul tipo di viaggi e destinazioni in cui mi specializzo. Più uno va di nicchia, più alte e mirate sono le possibilità di crescere e creare un senso di autorità che poi, dopo almeno uno o due anni e almeno 100-150 articoli (si, avete letto bene, l’investimento di tempo aggratis è alto) , metterè il vostro sito nelle grazie del Dio Google. Nessuno di noi ha deciso che Google debba essere dio, ma dal momento che lo è, i blog sono utili se si gioca secondo le sue regole.

Questo non vuol dire scrivere male, o fare del becero keyword stuffing con pessimo copywriting: vuol dire scrivere con autorità su argomenti che la gente cerca, e anche che non cerca, perchè è il totale del sito – la “thickness” dei contenuti su un argomento o area tematica – che fanno schizzare in posizione uno gli articoli (e dunque le keywords) più ricercate. Ma la creatività, e la buona scrittura, devono comunque rimanere una priorità. In conclusione, il campo è competitivo in varie nicchie, e fare un blog senza aver più o meno un’idea di cosa sono oggi le pratiche SEO migliori, può rivelarsi per molti un viaggio al buio, che facilmente conduce ad abbandonare il progetto. Non sentitevi scoraggiati, fate del vostro meglio e buona fortuna!

Raffaele Gaito

Founder @ Growth Program

Raffaele Gaito

I blog non sono assolutamente morti, così come non sono morte altre cose che a volte qualche “esperto” ha dato per spacciate. Non è morta la SEO, non sono morte le Newsletter e manco i blog.

Anzi, direi che oggi più che mai sono fondamentali.

Il perché è presto detto: perché sono un asset aziendale.

Viviamo in un’epoca nella quale le grandi piattaforme fanno il bello e il cattivo tempo e noi possiamo solo osservare e subire le loro decisioni. Dopo l’ubriacatura iniziale da social media abbiamo realizzato quanto fosse rischioso per un business fare solo affidamento su quei canali.

Facebook può aumentare il costo della pubblicità. Instagram può cambiare l’algoritmo. YouTube può chiuderti il canale. E così via.

Ma c’è un posto dove tutto questo non accade. Dove sei a casa tua. Dove decidi tu.

Il blog, appunto.

Ciò non significa che non possiamo avere anche una pagina Facebook, un profilo Instagram, o un canale YouTube. Anche io faccio largo utilizzo di queste piattaforme. Significa però che dobbiamo sempre avere dei posti che siano “nostri” al 100%.

Il blog è uno di questi. È un asset aziendale a tutti gli effetti.

Se cominci domani a bloggare e scrivi un post a settimana, tra un anno avrai oltre 50 articoli. Quello è un asset. I business raramente se ne rendono conto. È un qualcosa dal valore altissimo.

Quindi, ricapitolando, no i blog non sono morti. Sono vivi, parecchio vivi. E mai come in questo periodo storico bisogna inserire un blog nella propria strategia di contenuti.

Ivan Messina

Titolare @ SupportHost

Ivan Messina

Ho letto questa affermazione tante volte, e forse in certi casi sarebbe meglio. Un post di 300-500-800 parole che è la copia di altri non serve a nessuno e non aggiunge alcun valore. Lo capisce Google come l’utente. Come in tutti i campi, se si aggiunge valore, il successo è possibile (ovviamente non assicurato).

Il blogging ben fatto è la nostra strategia principale di marketing, e porta i suoi frutti sia in termini di visite che di backlink. Basta analizzare il sito con uno strumento come Ahrefs per vedere la crescita organica.

Se si vuole creare un blog aziendale ed avere successo ha senso fare le cose bene.
Post esaustivi e completi, contenuti interessanti per l’utente, ricerche o contenuti originali, postare con frequenza… Sono solo alcune regole per avere un blog aziendale di successo.

La parte difficile è capire chi sono i nostri clienti, e capire cosa cercano, in modo da creare contenuti e tutorial che siano interessanti. L’utente che cerca quella parola chiave potrebbe trovare il nostro articolo, e conoscere la nostra azienda e decidere di acquistare da noi piuttosto che da altri. Il blog non è più una collezione di notizie della nostra azienda (nuova offerta, le novità di gennaio…) ma un posto dove inserire articoli tecnici per “creare autorità”.

Il blog non è morto, tutt’altro. Sono morti quei blog che non offrono contenuti di qualità e che sono seguiti nel tempo libero solo per dire di avere un blog. Dai voce alla tua azienda con articoli di rilievo e vedrai che il blog è tutt’altro che morto.

Alice Orrù

Copywriter e traduttrice tecnica @ Alice Orrù

Alice Orrù: I blog sono morti?

Mi considero una blogger della prima ora, e mi farebbe sentire troppo vecchia constatare che i blog sono morti!

Nostalgia a parte, credo che non sia ancora arrivato il tempo di accantonare per sempre questo strumento di comunicazione. Ho iniziato a scrivere sui blog per piacere nei primi anni 2000, quando le piattaforme di blogging erano poco usabili, discutibilmente personalizzabili e poco considerate dai motori di ricerca.

Negli anni ho osservato con curiosità e speranza l’evoluzione dei blog come strumento di comunicazione professionale: nonostante le crisi e l’ascesa dirompente della comunicazione social, sono convinta che sia ancora utilissimo puntare sul content marketing e trarre il meglio dai blog.

Di cosa si compone questo “meglio”?

  • Libertà: è uno spazio che gestisco secondo i miei gusti e con la frequenza più adatta ai miei obiettivi. Ho tutto lo spazio per dare vita a contenuti testuali e visivi che attraggono le persone, creano legami e conversioni.
  • Affidabilità: il blog sul mio sito WordPress non va da nessuna parte senza il mio consenso (almeno finché continuo a pagare l’hosting!); non può essere bannato né oscurato dagli algoritmi come capita su certe piattaforme social. Impero Meta, I’m watching you😉
  • Trasparenza: trovo che lavorare sulla SEO del mio blog sia più soddisfacente che farlo sugli account social, i cui algoritmi spesso funzionano in modo oscuro e fluttuante. Google e gli altri motori di ricerca non rivelano tutti i loro segreti per l’indicizzazione dei siti, ovviamente, ma credo che lo facciano con una sufficiente dose di trasparenza e documentazione.

Ci sono anche dei motivi per non aprire un blog?

Certo. Avviare un blog “perché s’ha da fare” ci porterà poco lontano; se vogliamo che diventi un mezzo per far conoscere e prosperare il nostro business non possiamo lasciarlo andare in automatico.
Gestire un blog come parte di una strategia di marketing è un lavoro che ha bisogno di:

  • Scrittura curata
  • Idee originali
  • Costanza
  • Capacità analitica

Sono elementi che non è facile improvvisare, e per questo motivo la scrittura di contenuti per il web è uno strumento di marketing potente ma da studiare con attenzione.

La cura delle parole che scegliamo, le idee a cui decidiamo di dare spazio e la capacità di analizzare i risultati ottenuti rendono il blogging una disciplina affascinante e impegnativa. Non moribonda, questo è certo, ma da approcciare con consapevolezza (ed eventualmente chiedendo aiuto a una persona esperta che se ne occupi!).

Alessio Beltrami

Autore e formatore @ Content Republic Lda

Alessio Beltrami Blog

La parola scritta è un’arma potente.

Per ogni impresa – grande azienda o piccolo professionista – la scrittura rappresenta ancora un’opportunità enorme.

In tutto questo il blog ricopre un ruolo importante perché è molto più di una semplice cornice. Di norma il dibattito sulla sua utilità riguarda le abitudini dei clienti (le persone non leggono più), la diffusione di altre forme di contenuto (oggi funzionano video e podcast) e i cambiamenti di Google (non basta avere un blog per farsi trovare).

Tutte osservazioni che hanno un fondamento comprensibile, eppure mancano di ragionare sull’aspetto centrale. Infatti, se è vero che per pubblicare i nostri contenuti scritti oggi non è più indispensabile un blog, è anche vero che nessuna piattaforma offre l’autorevolezza di un presidio proprietario e neppure la possibilità di organizzare i contenuti in modo funzionale per il lettore.

Il blog fa bene entrambe le cose.

Avere un presidio che ci rappresenta in modo autorevole e che permette di consultare i nostri contenuti in modo semplice non è un dettaglio. Significa far fruttare tutti gli investimenti fatti per avvicinare nuovi clienti online.

Eppure ci sforziamo di trovare nuovi strumenti e nuove strategie dimenticando che alcune cose non cambiano: chi incontra i nostri contenuti ha bisogno di fidarsi in un tempo ristretto e ha bisogno di orientarsi senza sforzo. Queste due cose basterebbero a giustificare un investimento, ma non sempre è così.

Indipendentemente dalla strategia adottata, un blog serve e può aiutare sotto ogni aspetto la comunicazione e il marketing di un’impresa. Molti anni fa era pionieristico averne uno, oggi è una scelta saggia.

Giulia Raciti

Blogger @ Viaggiare Low Cost

Giulia Raciti Blog

Il blogging è affatto morto. È sicuramente cambiato e si è evoluto rispetto il passato.

In un decennio si è passati dal personal blogging, lo storytelling, al blog come strumento di marketing vero e proprio con l’obiettivo primario di fornire informazioni utili ai propri lettori.

Lo scopo di un blog è di accrescere la propria autorità nel proprio settore fornendo agli utenti le risposte che stanno cercando guidandoli ad una specifica azione (preventivamente definita).

Questa virata ha reso il blogging di qualità sempre più importante per le aziende ma anche più difficile. 

Da un lato è aumentata la competizione. Dall’altro i motori di ricerca si sono affinati dando risalto a contenuti che reputano di valore.

Fare blogging oggi vuol dire avere una strategia definita, produrre contenuti di qualità, conoscere l’intento delle queries, ovvero rispondere a domande specifiche, e avere chiaro se l’argomento che trattiamo abbia un valore per l’azienda, non solo in termini di traffico ma soprattutto in termini di vendita/azione.

Il blogging è quindi uno strumento di marketing molto potente se bene utilizzato. 

Ecco perchè per un’azienda, piccola o grande, un blog è ancora estremamente importante.
Permette di farci riconoscere come autorità nel nostro campo rispondendo a problemi reali di persone reali veicolando conversioni.

Si parla a tal proposito di E-A-T,  un termine forse non ancora familiare a molte aziende che stanno iniziando a fare content marketing, ma incredibilmente importante.

E-A-T sta per:

  • Expertise (Competenza)
  • Authoritativeness (Autorevolezza)
  • Trustworthiness (Affidabilità)

I motori di ricerca vogliono assicurarsi che i contenuti nelle prime posizioni della prima pagina siano scritti da esperti autorevoli ed affidabili

Solo perché il blogging è più vivo che mai, non significa però che sia lo strumento giusto per tutti. Alcuni piccoli business locali potrebbero non ottenere molti benefici dal blogging come potrebbe, per esempio, una grande azienda. In alcuni casi si dovrebbero considerare altri strumenti altrettanto efficaci ma più indicati per il caso specifico.

Il blogging è vivo e vegeto ma richiede molto più impegno rispetto al passato e deve essere integrato in una strategia più ampia.

Quindi, i blog sono morti?

Con questa collezione di opinioni abbiamo cercato di fare chiarezza sullo stato di salute dei blog. Come avrai visto, stabilire il livello di utilità dei blog all’interno della propria strategia di marketing dipende molto da obiettivi, aspettative e conoscenza dell’argomento trattato.

Puntare tutto su un blog può essere rischioso al giorno d’oggi, ma vedere il blogging come uno dei diversi strumenti utili a farsi conoscere dal proprio pubblico di riferimento ha ancora il potenziale di attrarre persone interessate al nostro progetto.

Per concludere, riassumiamo i concetti base esposti dagli esperti che abbiamo intervistato:

  1. I blog possono ancora portare risultati positivi, ma è importante capire la propria nicchia, i propri lettori e accettare un impegno a lungo termine.
  2. Scrivere articoli è ancora un modo efficace per posizionarsi in altro tra i risultati dei motori di ricerca: prima di cominciare a scrivere, quindi, è essenziale studiare le basi della SEO e agire di conseguenza.
  3. L’autorità è direttamente correlata al valore offerto: ascoltare i propri lettori, offrire contenuti di qualità e dare un punto di vista originale è l’unico modo per diventare un punto di riferimento nel proprio settore.

Aggiungiamo una nota: per un blog che funziona, serve un sito che funziona – e quale modo migliore di garantire ai propri lettori un’esperienza al top se non lasciando che sia un team di esperti a prendersi cura della parte tecnica del tuo sito WordPress? Guarda cosa offrono i nostri abbonamenti per saperne di più!

Un grande ringraziamento a tutti gli esperti che ci hanno regalato il proprio tempo per partecipare a questo expert roundup💣

E tu hai avuto successo con il blogging? Quali strategie hanno portato i risultati migliori?
Raccontacelo in un commento 👇

Daniele Besana

Fondatore di WP-OK e imprenditore digitale. Racconto il mio viaggio imprenditoriale nel podcast Diario Di Due Imprenditori Digitali.

4 risposte

  1. I blog rappresentano la “polpa” del Web, ovvero i contenuti, senza i quali difficilmente si può sperare di ricevere attenzione dai motori e farsi trovare dal pubblico per rispondere alle sue “domande”. Se muoiono i blog, muore il Web. P.S. Il “microblogging” dei social è solo un riflesso del blogging vero e proprio, un fenomeno aleatorio che lascia il tempo che ha un suo ruolo, parallelo e spesso integrante, ma comunque un mondo a sé.

  2. Il blog è il seme della comunicazione digitale: se, crescendo, nella pianta non ne vediamo più la funzione e non ne scorgiamo più traccia, non vuol dire che esso ( il seme) non sia lì, in ogni parte della pianta.

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